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Mi030 è varietà, pluralità, diversità; Mi030
è una melodia di contrasti, differenze; è il
riflesso, di fatto, di quella che dovrebbe
essere – così come ce la siamo immaginata
– la Milano del 2030: una città policentrica
e internazionale. Non è stato solo un
incubatore di sogni astratti, speranze lontane
e intime paure. Non è stato nemmeno un
maldestro esperimento di futurologia. Mi030
ha innanzitutto espresso una visione, forse
parziale, incompleta, in cui tuttavia ciascun
elemento è radicalmente connesso con
l’altro. La discussione e l’attività ideativa del
progetto si è svolta il 6 giugno in un luogo
fortemente iconico, negli ultimi tre piani della
Diamont Tower, sospesi nei cieli meneghini.
La stessa torre ha assunto metaforicamente
la funzione di antenna del cambiamento e
di ideale trampolino verso la dimensione
futura. I piani sono stati teatro del dibattito,
articolato in sei temi inesorabilmente legati
tra loro: amore, comunicazione, scuola,
impresa, corpo e città. La discussione di
giugno rappresenta tuttavia solo una parte
del progetto, poiché il vero cuore vitale
è rappresentato dal manifesto stilato in
seguito alla maturazione delle idee emerse.
Un manifesto reale e ideale insieme, in cui
riecheggia l’audacia di profanare le frontiere
delle singole discipline – dall’urbanistica alla
medicina – e dei singoli temi.