La Proprietà Edilizia - Marzo 2020 ARPE-3-web | Page 45
costruzione dottrinale. Comunque, in estrema sintesi,
e per il concetto che ora ci interessa, così è possibile
riassumere.
Punto primo. La borghesia ha certo avuto una
parte di grande rilievo nella transizione alla società
industriale, attraverso quella che sarà poi definita
la rivoluzione della macchina, vale a dire la crescen-
te utilizzazione del mezzo meccanico nel processo
produttivo. In particolare, la borghesia ha creato una
molteplicità di imprese, aziende, iniziative nelle quali
la stessa figura sociale, appunto il borghese, è sia tito-
lare della proprietà aziendale sia guida effettiva dell’a-
zienda stessa. Titolarità ed esercizio (gestione, control)
della proprietà sono riconducibili a uno stesso, unico
ruolo sociale.
Tuttavia, secondo punto, la socialità industriale
(connotata dall’azione dell’uomo sulla natura), che
pure rappresenta un immenso progresso rispetto alla
socialità militare (connotata dall’azione dell’uomo
sull’uomo) si trova, giunta a una certa fase della sua
dinamica storica, ad affrontare la questione che giorno
dopo giorno si rivela cruciale per la realtà europea e
occidentale: è il problema del proletariato, cioè della
“classe più numerosa e più povera”. Il rischio di una
distruttiva lotta di classe cresce e si fa incombente. In
questo contesto, il predominio della classe borghese,
la quale pure in una lunga stagione ha svolto un’azione
primaria nel superamento del sistema feudale, trova e
mostra tutti i suoi limiti. Occorre dunque “socializzare”
la proprietà.
Punto terzo. Il capitalismo, modalità operativa
della borghesia, è ormai sterile: la tendenziale sponta-
neità del processo produttivo, affidato alla autonoma
iniziativa della classe borghese, va ricalibrata. Altro
però è il discorso circa il capitale. Se il proletariato è
“forza dispersa”, il capitale è “forza concentrata”. Il
proletariato ha bisogno di organizzarsi per contare, il
capitale è fattore indispensabile per la crescita e l’e-
spansione dell’azienda e dell’universo aziendale. Ma
non può essere più attributo del borghese, come figu-
ra che ha insieme la titolarità e l’esercizio (gestione,
control) del patrimonio aziendale. Occorre separare le
due funzioni, e per ottenere ciò, in pari tempo per far
crescere l’azienda e il suo capitale, è necessario che la
titolarità dell’azienda sia diffusa, vale a dire appunto
“socializzata” (non statizzata, sia chiaro). Di più. L’eser-
cizio della funzione di guida dell’azienda non può che
passare a un’altra figura sociale, distinta dal borghese
che come tale è portatore di un interesse particolare,
di classe e di una classe, laddove è ormai giunto il tem-
po di impegnare l’industria non solo e non tanto nella
logica acquisitiva della borghesia, ma anche e soprat-
tutto per il miglioramento delle condizioni di vita del
proletariato. E ciò presuppone una costante crescita
della produzione, dunque maggiori opportunità di la-
voro adeguatamente retribuito per la “classe più nu-
merosa e più povera”.
Quarto punto. Un’azienda “socializzata”, vale a
dire sottratta al particolarismo di classe, è un’azien-
da la cui titolarità è diffusa tra moltissime mani, è
un’azienda il cui capitale, comunque importante per
lo sviluppo produttivo dell’azienda, si distribuisce tra
moltissimi azionisti, non più dunque riferibile a un ca-
pitalista e, per eredità, a una famiglia, secondo la lo-
gica proprietaria che è tipica della borghesia, la quale
a sua volta ha per molti aspetti come referente (nono-
stante le storiche antinomie) la proprietà feudale: e se
quest’ultima ha avuto la sua base nella proprietà agri-
cola mentre la borghesia rinvia all’industria, sta di fat-
to che sia economicamente sia per imitazione di co-
stumi la borghesia si configura per molti profili come
una noblesse au petit pied, una nobiltà in sedicesimo.
Punto quinto. Transitando dalla rivoluzione del-
la macchina a quella che viene indicata come rivo-
luzione dell’organizzazione (poi verrà la rivoluzione
dell’informatica e più recentemente la rivoluzione del
digitale) l’azienda si configura, come oggi si dice, qua-
le public company, quale corporation, e in questa ve-
ste i proprietari come titolari sono in numero sempre
crescente: la proprietà come titolarità non è negata,
appunto si “socializza”, senza però essere estinta in
virtù della lotta rivoluzionaria di classe e di classi cara
al marxismo.
Sesto punto. Ma, qui giunti, chi diventa la guida
effettiva dell’impresa industriale? Si dirà: è il mana-
ger. Chi è il manager? Non è uno specialista, un tecni-
co: ecco l’errore nella traduzione del titolo del libro di
Burnham. Il manager è un generalista, è colui che co-
nosce, ha competenza — questo è l’assunto di parten-
za, la sua fonte di legittimazione gestionale — su tutte
le variabili dell’azione imprenditoriale, dal personale
alla produzione, dalla strumentazione tecnico-scienti-
fica alla finanza, alla commercializzazione e quant’al-
tro. È il tecnocrate, in grado di coordinare tutte queste
variabili, in un mondo nel quale le aziende e il retico-
lo aziendale accrescono le loro dimensioni. E come
si traduce manager in francese? Si traduce directeur.
E Saint-Simon come ha già definito colui che guida
quella che oggi chiamiamo public company, grande
corporation? Lo ha definito industriel dirigeant, laddo-
ve i suoi dipendenti ai vari livelli — ingegneri, tecnici,
capisquadra, operai — sono gli industriels exécutants,
e tutti appartengono alla organizzazione produttiva.
E Comte? Ha parlato di directeur, come oggi parliamo
di manager, vertice dell’azienda. E se una volta c’e-
rano i banchieri, con il 1840-41 il positivista siciliano
Giuseppe Corvaja ci presenta il bancocrate: La banco-
crazia o il gran libro sociale: novello sistema finanziario
che mira a basare i governi su tutti gl’interessi positivi
dei governati (Andrea Ubicini editore, Milano), opera
che sottolinea il rilievo della finanza per lo sviluppo
dell’universo produttivo. Il banchiere della tradizione
storica è il proprietario della banca, il bancocrate no:
è il corrispettivo del tecnocrate nel sistema creditizio.
la PROPRIETÀ edilizia • Marzo 2020 | 45