La Proprietà Edilizia - Febbraio 2020 ARPE2 | Page 19

L’Italia bocciata per i giovani inattivi Sergio Menicucci P iù ombre che luci nell’economia mondiale. La crescita resta fiacca e non ci sono chiare indi- cazioni di una svolta. Per l’Italia la crescita è vicina allo zero pur avendo beneficiato della politica monetaria acco- modante e dei tassi d’interesse molto bassi. Il World Economic Forum (WEF) di Davos, sulle alpi svizze- re, boccia il nostro Paese per i due milioni di ragazzi e ragazze che non studiano e non lavorano (acroni- mo inglese NEET: Not in Education, Employment or Training). Gli economisti del Fondo monetario internazio- nale hanno portato un dossier che indica al ribasso la revisione del PIL globale: la crescita si attesta al 2,9% e sarà appena migliore nel prossimo biennio (+3,3%). Rilevato che rallentano Cina, Usa e India il faro puntato sull’Europa, ha reso evidente una Germania debole (0,5%) perché più sensibile agli umori degli scambi globali mentre i dati per l’Italia e la Francia sono stagnanti, vicino allo zero. L’Italia, che si muove più lentamente degli altri paesi europei, ha chiuso il 2019 con un aumento del Pil appena percepibile e cioè allo 0,2%, che dovrebbe crescere al massimo allo 0,7% nel prossimo biennio. I rischi al ribasso sono rilevanti a causa delle ten- sioni commerciali, dell’incertezza dello scenario di una Brexit disordinata, dalla convinzione che ci si avvii verso la fine delle politiche monetarie super ac- comodanti e dalle incertezze politiche. Il taglio dei tassi da parte della Fed USA e la con- tinuità del Quantitative Easing (QE) decisa dal pre- sidente della Banca centrale europea, Christine La- garde, hanno parzialmente limitato il rallentamento dell’economia. Per i prossimi anni il Fondo monetario internazio- nale insiste nella necessità di investire in infrastruttu- re, ricerca e istruzione, tenendo conto che la base di discussione del 50° summit di Davos ha riguardato i rischi finanziari legati al clima. Secondo i relatori del WEF, politica, finanza e im- prese devono puntare su un mondo più “verde”. «Sia- mo sull’orlo della catastrofe» ha osservato il principe Carlo erede al trono britannico ma lo scontro Donald Trump - Greta Thunberg e gli ecologisti (settantatré anni lui, diciassette lei) sulle conseguenze dei cam- biamenti climatici andrà avanti per anni. “ Il Green Deal” è una priorità per l’Europa ha detto la presi- dente della Commissione Ursula Gertrude von der Leyen. In sintesi i potenti del mondo sono stati richiamati a riflettere su come coniugare il capitalismo con la sostenibilità dell’ambiente e i diritti sociali. La sfida è piena di contraddizioni e vincoli perché dalla Conferenza sul clima di Parigi non sono anco- ra arrivati risultati concreti per favorire la transizione del capitalismo verso modelli più sostenibili in termi- ni di riduzione delle emissioni di carbonio e minori disparità sociali (i 2500 uomini più ricchi del mondo hanno un patrimonio maggiore di quello di 4,5 mi- liardi di persone). Il mondo si trova in uno stato di emergenza e la finestra per agire si sta chiudendo rapidamente, ha osservato il fondatore di Davos l’economista 81enne Klaus Schwab. Il mondo rallenta e l’Italia resta in coda: non si vedono segnali di stabilizzazione e non c’è una svol- ta. Nei rapporti degli esperti di Davos c’è stato anche il dito puntato contro l’inefficace legame in Italia tra imprese e scuola. L’Italia, secondo l’OCSE, non è un paese per giovani ma neppure per i lavoratori. Preoccupa l’alto numero (circa due milioni) di ra- gazze e ragazzi inattivi che non studiano e non lavo- rano e degli “incapienti” (calcolati in otto milioni), ossia chi ha un reddito inferiore ai minimi imponibili fissati dal fisco. L’Italia, precisa uno dei rapporti del WEF, ha ri- levanti problemi sul mercato del lavoro: il 20% dei giovani compresi tra i quindici e i ventiquattro anni sono classificati inattivi, ponendo il paese al 56° po- sto sugli ottantadue censiti. Per combattere l’arretramento economico è ne- cessario mobilitare molti strumenti per far fronte a tre cause: domanda di lavoro inadeguata, transizione scuola-lavoro inefficace, offerta formativa limitata. Un altro discorso più completo merita il tessu- to del settore industriale, composto all’ottantacinque per cento da piccole imprese a gestione familiare e quindi con una struttura troppo debole e limitata alle esigenze della crescente concorrenza globale. Un altro difetto del nostro Paese è non saper sfrut- tare a pieno i finanziamenti del Fondo sociale euro- peo (Fise) che aveva messo a disposizione dell’Italia nel periodo 2014-20 più di 10 miliardi di euro per ridurre l’esclusione sociale. la PROPRIETÀ edilizia • Febbraio 2020 | 19