LA CIVETTA March 2014 | Page 96

Per me la situazione è stata diversa, non sono partita alla ricerca di un lavoro ma per studiare e divertirmi. Ma mi sono resa conto che sono moltissimi i ragazzi italiani che lasciano tutto per quell'unica possibilità che in Italia non avrebbero. Ragazzi stanchi di non avere un futuro nel proprio Paese, di stare fermi a guardare mentre “il figlio di qualcuno” va avanti, delusi da una classe politica che non crede in loro. Alcuni riusciranno a fare un lavoro per il quale hanno studiato tanti anni, altri invece si adatteranno a servire ai tavoli o a pulire i bagni, tutti però consapevoli di vivere in un paese meritocratico, dove la sola certezza di avere qualche possibilità li sprona.

Vivere lontano dal proprio Paese richiede coraggio. Tante cose ti mancano. Dopo un po' però quei posti entrano a far parte della tua quotidianità, quella città diventa tua. Alla fine ti abitui alle nuvole, al freddo, ai caffè nei bicchieri di plastica, ad accompagnare il sandwich con il cappuccino e alla vita cara. Tornata in Italia ho sentito la mancanza di tutte queste cose, della città, dei tramonti al Suspension Bridge e di quel senso di spensieratezza che riusciva a regalarti, delle passeggiate lungo l'Harbourside durante quelle rare giornate di sole. Sono partita lasciando una parte di me in quei luoghi, ma con la promessa di ritornarci un giorno, di tornare in quella che ormai è la mia seconda casa.