LAVORARE A GRATIS
Maximilian Eisenhardt
Sono arrivato qui, a Padova, con uno scopo: imparare. Per questo ho deciso di lavorare.
Infatti già dall'inizio avevo imparato moltissimo: cosa significa decidere andare da solo all'estero con il piano di abitarci per quattro mesi, lo stress di non aver trovato ancora un appartamento prima di arrivare, come affrontare il futuro nebuloso in cui stavo per entrare, ecc. In realtà non è stato tanto drammatico.
Sono arrivato all'aeroporto di Venezia Marco Polo e poi sono giunto con l'autobus fino a Padova.
Se tralasciamo il fatto di aver conosciuto una donna di 35 anni di Bristol mentre raccoglievo la mia valigia dall'autobus e di aver deciso di andare con lei in un club, lasciando così tutte le mie cose in un camion pieno di persone sconosciute ed arrivando all'hotel alle 7 di mattina, il fine settimana è stato abbastanza rilassante, infatti, dopo sabato, volevo riposarmi e prepararmi per il mio primo giorno al birrificio.
Vedete, sono venuto qui per imparare...imparare la tecnica della birrificazione.
Ma la realtà, come spesso accade, non si rivela molto simile all'immagine che ci creiamo nella mente...
Quando sono arrivato all'azienda (in ritardo, visto che non avevo una sveglia e, nonostante avessi chiesto al
DAI NOSTRI INVIATI
receptionist di svegliarmi alle sette, ciò non è successo), mi hanno detto di ritornare martedì.
Un ottimo inizio.
Quindi, tornato il giorno seguente alle 9, il tutor del mio tirocinio mi ha chiesto in parole povere: "che cosa vuoi imparare?" alla domanda ho risposto: "come fare la birra", spiegandogli che conoscevo già le basi, ma quasi niente riguardo al processo chimico, ecc.
Comunque, quasi due mesi dopo il mio primo giorno, vi sto scrivendo dall'ufficio attaccato al birrificio e adesso mi occupo di traduzioni per la compagnia.
Visto che non potevano accogliermi nel birrificio, mi hanno trasferito qui a lavorare per loro come un tirocinante: essenzialmente un lavoratore non pagato, la realtà tragica di questa situazione è che è una situazione comune. Infatti ho già conosciuto quattro persone che mi hanno raccontato delle loro terribili esperienze legate all'entrata nel mondo del lavoro italiano. Quasi tutti non avevano/hanno un tutor e ancora non vengono pagati per il lavoro che fanno.
Sembra che una persona, quando inizia a lavorare qui, cominci come uno schiavo che deve lottare per ottenere rispetto e libertà.
Ma c'è da dire che il caso italiano riflette un problema mondiale, nel senso che il capitalismo promuove l'egoismo e la coltivazione della ricchezza personale; il desiderio di attaccarsi a un valore monetario e, in seguito, di forgiare un'immagine di se stessi fittizia, puramente legata alla mera quantità di beni e soldi posseduti.