LA CIVETTA - April 2020 | Page 97

Ma questa volta ad avere carta, penna e un registratore in mano era la nostra Civetta!

Alessandro Portelli pronto a condividere con noi esperienze ed emozioni.

A: Per iniziare, che ruolo ha la storia orale nella storiografia e come si inserisce nel mondo accademico?

AP: Si tratta del grado zero, l’idea che sugli eventi del passato puoi ottenere informazioni anche da persone che c’erano o che ne sanno qualcosa. Tutto ciò ovviamente non lo si trova negli archivi. Se non c’è modo di reperire informazioni di solito si fa questo. Poi ci sono diverse articolazioni: molte volte per esempio, attraverso le fonti orali si ha accesso a racconti di persone che non sono abbastanza rappresentate nelle fonti di archivio, in ambito letterario o dalla stampa, come soggetti marginali, classe operaia, mondo rurale, le donne. Quello che secondo me è un vantaggio: si ha accesso a delle modalità narrative, si tratta della relazione fra la persona che racconta e il momento in cui si racconta: la memoria. In qualche modo è il senso che ha il passato nel momento in cui viene raccontato e ricordato nel presente.

A: Quando ha iniziato a collezionare memorie?

AP: Ho fatto la mia tesi di laurea in letteratura americana, su Woody Guthrie, un pop singer degli anni ’30 e ’40, mi interessava la musica popolare americana e il suo rapporto con il movimento operaio. A un certo punto mi sono posto una domanda: ci sarà qualcosa del genere anche in Italia? Ed in effetti c’era. Ho cominciato a studiare la tradizione musicale del mondo popolare a Roma e dintorni, non come ricerca musicale, ma come ricerca storica, ossia come uno dei modi in cui il mondo popolare si rappresenta nella storia. Lo studio della musica popolare in Italia non viene fatto da etnomusicologi, ma da storici – ne è un esempio Gianni Bosio, diventa quindi fonte storica. Non avendo una formazione musicale, non potevo fare un’analisi formale di quei materiali, li raccoglievo. Così mi sono reso conto che molti dei narratori non cantavano una canzone senza prima raccontarti che storia c’era dietro. Quando mi sono accorto che alcune di quelle storie erano sbagliate, stato lì che mi sono appassionato. Perché mentre gli storici dicono che non ci si può basare sulle storie orali, io venivo da studi letterari, e in letteratura se una storia è inventata tu ti chiedi il perché. È iniziato così, con l’interesse per i racconti sbagliati, immaginari.

A: A proposito di musica, quanto la musica popolare e la musica di protesta rappresentano un luogo della memoria?

AP: Diciamo che la musica è uno dei luoghi dove “succedono” le cose. Da un lato dove la memoria si cristallizza: se una canzone viene cantata, raccontata e ripetuta, significa che un certo momento storico viene consolidato nella memoria. Un altro elemento però che la trasmissione non avviene senza cambiamenti, in qualche modo quello che ti arriva non è semplicemente un testo fisso e immobile, ma un testo che ha attraversato il tempo.

Quindi è un luogo dove più che cristallizzarsi, la memoria si consolida, ma in continuo ripensamento.

DIPARTIMENTO

Intervista con Alessandro Portelli,

accademico, critico musicale e anglista italiano,

storico orale

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