editoriale
Il decalogo per abbattere
un’associazione.
di Roberto De Laurentis
T
alvolta mi ripeto che ho molto coraggio a non demotivarmi quando, a conclusione di una giornata densa di impegni e dopo un po’ di chilometri percorsi, arrivo in qualche angolo della nostra
provincia e mi trovo davanti ad una sala gremita (si fa per dire!) da quei quindici o venti artigiani.
Peraltro sempre quelli, e quelli di sempre. Che, malgrado tutto, si ostinano a credere nell’opportunità del darsi una mano l’un l’altro, nella necessità di stare assieme per contare di più, nell’esigenza di riferirsi all’Associazione per avere un tetto comune, pure se nella diversità dei mestieri,
delle problematiche, delle sensibilità.
Talvolta mi ripeto che ho molta pazienza quando presto attenzione alle richieste di artigiani sempre pronti ad ascoltare chiunque ma non l’Associazione e che finiscono ogni volta per ripetere,
quasi fosse una litania, le stesse domande in tema di credito, di fiscalità, di normative. Mentre basterebbe loro scorrere le pagine della nostra rivista, consultare il nostro sito internet o, più semplicemente, leggere i giornali locali per capire che cosa dice e cosa fa la nostra Associazione.
Talvolta mi ripeto che, non solo per il ruolo, ho molta determinazione nel battermi per le nostre
imprese – anche “mobilitando la piazza”, come si usa dire, e come è già successo un paio di volte
negli ultimi anni – per fare arrivare forte e chiaro la nostra voce alla politica provinciale. Quella
politica provinciale che, da una parte, spesso sembra ignorare la piccola impresa (o la ignora