il punto
I piccoli investigatori
crescono
di Roberto De Laurentis
I
n questi ultimi mesi, ma sarebbe più corretto dire anni, sui media locali si è spesso parlato
di Sanifonds. Da parte di taluni, senza conoscere. Da parte di altri, per posizione politica.
Da parte di qualcuno, soprattutto a sproposito. Come nel caso del consigliere provinciale
Claudio Cia che, ad una lettera inviata al Trentino in cui “cerca trasparenza” (?), fa seguire
una conferenza stampa ed un’interrogazione di cinque pagine cinque (!) alla Giunta provinciale
per chiedere lumi su Sanifonds. Eppure sarebbe stata sufficiente una telefonata allo scrivente,
presidente di Sanifonds, che in maniera semplice, diretta, comprensibile – peraltro come
da sempre mia abitudine – poteva dare risposta chiara ad ogni perplessità o domanda. Ma ciò,
evidentemente, non avrebbe provocato né una gratificante comparsata sui media né avrebbe
consentito, allo stesso tempo, di intorbidire un po’ le acque a fini politici. Da qui la decisione
di buttare giù queste due righe, e fare un po’ di chiarezza ed un po’ di storia, perché anche
il lettore meno attento capisca cosa è oggi Sanifonds.
All’inizio del 2013 le categorie economiche vengono chiamate, dall’allora Assessore alla Salute
Ugo Rossi, a dare vita ad un fondo chiuso nel quale fare affluire le quote annuali – per singolo
dipendente ed a carico del datore di lavoro – destinate a fornire prestazioni di sanità integrativa
a tutti i lavoratori trentini. Pubblici e privati. A discutere di modalità, di struttura, di governance
del fondo sono la Provincia Autonoma di Trento, l’ASAT degli albergatori, Confartigianato,
Confcommercio, Confesercenti, Confindustria, Cooperazione e le organizzazioni sindacali CGIL,
CISL, UIL. Giusto il tempo di qualche riunione e Confindustria – che già versa quote a livello
nazionale e percepisce quindi la sanità integrativa come un ulteriore costo del personale per
le imprese, in un momento di grande difficoltà economica – si defila. Seguita a ruota dalla
Cooperazione che quanto più parla di sistema economico trentino tanto più mira ad isolarsi,
a chiudersi, a rifugiarsi nel proprio mondo. In attesa rimangono ASAT, Confcommercio e
Confesercenti – che già versano quote in altri fondi – mentre la Provincia e il sindacato “spingono”
per realizzare un fondo territoriale che sia, nello stesso tempo, anche un progetto di identità,
di autonomia, di solidarietà trasversale delle categorie economiche trentine. E Confartigianato?
La nostra Associazione già dal 2012 aveva dato vita a SIA3 (la Sanità Integrativa per i dipendenti
delle nostre imprese, ad eccezione dell’edilizia incardinata su un altro ente) abbandonando così
il fondo nazionale artigiano San.Arti in nome dell’autonomia e dell’efficienza di un siste