editoriale
La traversata
del deserto.
di Roberto De Laurentis
I
l titolo di queste righe riconduce ad una immagine suggerita dal racconto biblico e fa riferimento
al difficile viaggio del popolo ebreo, dall’Egitto verso la terra promessa. Ma la frase è anche utilizzata, nel linguaggio giornalistico ed in senso figurato, quando una personalità politica si ritira dalla
scena per un periodo più o meno lungo o quando un partito, un’associazione, una comunità, un
gruppo portatore di interessi è chiamato a vivere una fase di transizione tra due momenti storici.
Ora, a partire dal 2008 e senza alcun dubbio, il mondo occidentale ha iniziato la sua traversata del
deserto. Lasciando per strada, dietro di sé, concetti che sembravano consolidati quali la crescita continua, la ricchezza sempre più diffusa, il benessere generalizzato per incamminarsi lungo un percorso
fatto di malesseri sociali, di nuove povertà, di improvvise e continue decrescite che nessuno sa né
quanto possano durare né dove possano condurre. In breve, il mondo occidentale sta vivendo quella
fase di depressione che i cosiddetti, onnipresenti, preparati esperti (ma di che?) chiamano crisi. Una
crisi – io preferisco definirla cambiamento – che ritengo morale prima ancora che economica. Scatenata
non da una economia contro altre economie, non da una religione contro altre religioni, non da una
cultura contro altre culture ma da istituti di credito contro altri istituti di credito. Da banche spregiudicate insomma, quali la Lehman Brothers, che hanno ingannato altre banche inondandole di spazzatura finanziaria – definita derivati, il cui valore è dieci volte superiore al PIL mondiale – in grado di
produrre utili enormi per pochi individui e, allo stesso tempo, di impoverire comunità, imprese,
famiglie, persone. Tutte sempre chiamate, a fronte di un disastro finanziario degno di tale definizione,
a saldare i debiti dell’istituto di credito coinvolto. O direttamente quali clienti, soci, risparmiatori o
attraverso l’immancabile aiuto di stato, quali semplic