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IN EQUILIBRIO
SU UNA DANZA SENZA FRONTIERE
Equilibrio, Festival della Nuova Danza
1/23 febbraio, Roma
www.auditorium.com
di Donatella Ruini
foto di Musacchio/Ianniello
Anche quest’anno Equilibrio, il Festival della Nuova Danza, si
ripresenta a Roma, celebrando il suo decennale con un cartellone ricco di novità e stimoli. Stesso direttore artistico, Sidi Larbi
Cherkaoui, garanzia di apertura verso le inquietudini e le mille
forme possibili della ricerca coreutica contemporanea, ma sempre diverse le compagnie e le proposte.
È proprio lo spettacolo di Cherkaoui ad aprire le danze con un progetto creato in collaborazione con Yabin Wang, talentuosa e pluripremiata danzatrice di Pechino (era la strabiliante esecutrice della
danza dei tamburi nel film La foresta dei pugnali volanti), dotata di
una tecnica straordinaria e una profonda capacità interpretativa. La
compagnia belga e quella cinese hanno messo insieme le loro differenti radici in una visione comune, ed é nato Genesis. In una fredda scenografia in cui dominano il bianco, il grigio e l’acciaio, si mantiene il principio delle strutture modulari caro a Cherkaoui che i ballerini compongono e ricompongono integrandole nella coreografia
e nell’azione scenica. Danzatori in camice bianco da ospedale, guanti bianchi e mascherina sulla bocca si aggirano tra parallelepipedi di
plexiglass trasparente e acciaio installati su piattaforme mobili,
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entrandone e uscendone come in un labirinto. I brani musicali, eseguiti dal vivo dai musicisti negli stessi parallepipedi di plexiglass,
mescolano strumenti tradizionali come le tablas con musica elettronica d’avanguardia, sottolineando a volte la freddezza e la concettualità dell’insieme o rivelando melodie più rotonde e sinuose. La
rigidità e ripetitività iniziale dei movimenti lascia progressivamente
spazio a coreografie più fluide e morbide: si alternano movimenti di
gruppo con pas de deux e assoli la cui liricità crea uno spiazzante
contrasto con la gelida atmosfera clinica di camici, stetoscopi, letti
d’ospedale, e attraverso il movimento gli spazi che prima erano limitanti diventano spazi di libertà espressiva. La fluidità e padronanza
dei movimenti degli interpreti ben esprime la spiraliforme, asimmetrica eppure estremamente armoniosa cifra stilistica del coreografo,
che scardina ogni legge dell’equilibrio e della stabilità precostituita
per trovare innovative soluzioni espressive. Solo alla fine una luce
finalmente calda e dorata vede tutti i bianchi, i neri, gli opposti e i
contrasti riunirsi in un’azione danzante risolutiva e catartica, che il
pubblico ha premiato con ovazioni e lunghissimi applausi.
Tutt’altra atmosfera per lo spettacolo della Anton Lachky Company, che con “Mind a gap” portano in scena la loro straripante fisicità e le loro capacità tecniche, condite da ironia e divertimento.
La scenografia appare assente, tutto é aperto, non ci sono quinte,
tutto é visibile: impianto luci, ring, graticcia, il palcoscenico é delimitato da un quadrato nero attorno cui corre una striscia bianca e
su cui sono sospese piccole luci a pochi centimetri da terra. Un
lungo e spiazzante inizio in un buio totale, in cui i danzatori si
muovono a tentoni cercando la luce, prepara già lo spettatore a
costruzioni coreografiche e a un uso dello spazio dalle soluzioni
originali. Molte azioni sono ‘fuori scena’, lungo i lati esterni del palcoscenico, le coreografie sono spesso interrotte da lunghi momenti di silenzio, imprevedibili interazioni col pubblico, esplorazioni
dissonanti e buffe della voce, momenti mimici dei singoli danzatori che poi riprendono a danzare esplodendo in un’energia acrobatica assolutamente contagiosa. A tratti apparirebbero come giochi infantili, movimenti fatti per il solo gusto di giocare, senza alcuna forma prestabilita, non fosse per la eccellente abilità tecnica e