navigazione”, un “generatore di attività” i cui strumenti sono
la riappropriazione culturale, il riciclaggio, il détournement e il
sampling, il montaggio e il doppiaggio.
Un mondo parallelo all’architettura che ci permette di riflettere
sulle modalità e sulle forme di appropriazione diretta, di
ricontestualizzazione del già fatto, che reimpiega, lasciandolo
riconoscibile, l’esistente. L’esercizio della Postproduzione non
generare singolarità nel caos di oggetti, ma rimette in circolo
segmenti di senso e significato già sedimentati che riaffermano
la città in una narrazione interrotta. Ciò conduce a “imparare
a servirsi delle forme che vuol dire anzitutto sapere come farle
proprie e abitarle”, passando da una cultura del consumo a una
cultura dell’attività, da un atteggiamento passivo a una forma
di resistenza basata sulla riattivazione di potenziali negati o
marginalizzati. Nuovi germi di rilettura e di riqualificazione della
condizione di degrado.
Si tratta di reinventare il quotidiano, anche attraverso una
“produzione silenziosa” basata su un meccanismo di (ri)lettura
dell’esistente che si propone come un “terzo paesaggio” (Gilles
Clement), un nuovo territorio dove sviluppare biodiversità
architettoniche. Qui è possibile attivare dinamiche più aperte
non piegate a stereotipi e mode omologanti. Un impegnativo
lavoro di rielaborazione e (ri)articolazione dentro la città che