Il Michelangelo n° 4 a.s. 2013/14 | Page 7

Noi gente che spera P re c ari et à, licenziamenti, disoccupazione, cassa integrazione, sono temi che caratterizzano l'ordine del giorno di tutti i contesti, dalla sfera familiare a quella sociale e nazionale. La presenza di tutto ciò che ha come comune denominatore il concetto di crisi è destinato a crescere iperbolicamente nella quotidianità. Protagonista del XXI secolo è un mondo globalizzato, e, in quanto tale, qualsiasi cosa innesca un meccanismo a catena, portatore di conseguenze positive o negative, che non preclude nessuna parte dell'insieme. Dunque la crisi, che sembra avere avuto inizio nel 2008 in America, si è incanalata nel processo di globalizzazione, mettendo in pericolo l'economia dei paesi occidentali, inclusi quelli europei e soprattutto quelli protendenti al crollo. E' il caso dell’Italia. Dal momento che la crisi, come ogni cosa, non può essere nata dal niente e presuppone un periodo di fecondazione prima della nascita, è necessario indagare la causa che ha innescato tale processo. Agli occhi di molti studiosi, la crisi del XXI secolo sembra essere frutto dell'ingente debito pubblico accumulato nel corso degli anni '70 e '80 del secolo scorso. Si tratta di un frutto avvelenato che rappresenta la visione utopica della realtà tipica del XX secolo. Un secolo florido, apparentemente stabile, tanto ricco quanto virtuale. Quote d'azioni, compravendita borsistica, titoli, sono tutti elementi che, dalla seconda metà del secolo scorso, costituiscono il marchio della società. Ma se ad essere marcia è la parte virtuale del frutto questo non vale a dire che il problema non tocca la sfera materiale. Infatti il male maggiore è proprio l'incongruenza, il mancato riscontro tra ciò che, tramite un “gioco di alta finanza”, costituisce il profitto dei singoli destinatari ad essere tale solo in potenza e ciò che di fatto ogni singolo individuo possiede. E' proprio come se il “bel giardino” dantesco da qualche tempo trasudasse crisi e quindi “marciume”. Per estensione si tratta della differenza tra le quotazioni di acquisto e di vendita, di una moneta o di un titolo, scarto tra due tassi di interesse oggi denominato SPREAD. Il caso dell'Italia è senza dubbio l'argomento dello spread tra i tassi d'interesse italiani e tedeschi. Lo spread intacca la liquidità e neanche un eventuale risollevamento delle sorti italiane, al momento, sarebbe in grado di sconfiggere l'atrofia del sistema. La liquidità scarseggia e questo condiziona ed ostacola l'atto del comprare dal momento che, chi non è in possesso non può certamente comprare e nemmeno attingere a prestiti in quanto la liquidità costituisce un deficit anche per le banche e chi ne è in possesso è sempre più restio e conservativo, propenso ad accumulare denaro in vista di una temuta condizione