Il Michelangelo n° 4 a.s. 2013/14 | Page 43

La fama è la sete di giovinezza Presso gli antichi la fama e la gloria sono temi centrali, strettamente correlati con il comportamento virtuoso che gli uomini assumono durante la loro vita terrena. Lo stesso Seneca sostenne che ''gloria umbra virtutis est''. Nella civiltà italiana del Medioevo, il concetto di fama assume le stesse caratteristiche della latinità: così è in Dante che nell'Epistola a Cangrande - nella quale commenta i primi dodici versi del Paradiso definisce la gloria «divinus radius», cioè "divino raggio". Dai canti della Divina Commedia si evince che la fama è per Dante un valore positivo, tanto che la sua mancanza può costituire o addirittura essere un aggravante della pena infernale. Alcuni ''grandi dannati'', come Ciacco, vogliono essere ricordati grazie alla fama, in quanto solo il loro ricordo fra gli uomini può costituire l’unica vita ancora possibile per queste anime eternamente morte. Non tutti vogliono però ottenere questo ''ricordo eterno'', come gli usurai che non desiderano essere rimem- brati per la bassezza dei loro crimini, o dei traditori che augurano ai loro compagni di pena una fama nemica: e cioè l'essere ricordati in quanto assolutamente colpevoli. Una vita attiva, onesta e piena di azione procura agli uomini la fama e può procurare anche il Paradiso, sia pure in un basso grado di beatitudine; agli spiriti attivi per l'amore nei confronti della fama è riservato tutto il cielo di Mercurio, dov'è collocato Romeo di Villanova, ultimo conte di Provenza, presentato da Giustiniano nelle ultime terzine del VI canto del Paradiso. Un'altra caratteristica generatrice di fama è la cortesia, riscontrata in uno dei protagonisti dell'VIII canto del Purgatorio, Currado Malaspina, il quale viene esaltato da Dante per la sua liberalità e prodezza. Tuttavia la fama non è eterna; può anche darsi che chi oggi è sulla cresta dell'onda domani non lo sarà più, come nel caso di Cimabue, il quale credette di essere superiore a ogni altro nella pittura, ma quando Giotto ottenne il primato la sua fama venne oscurata (Purgatorio XI, 94-96). Solo la completa consapevolezza della mutabilità della gloria e l’accettazione di tale transitorietà stabilita da Dio assicura agli uomini la fama, così come successe a Oderisi da Gubbio (Purgatorio XI, 7989), il quale affermò la superiorità delle miniature di Franco Bolognese, confessando che non sarebbe stato disposto a riconoscere la superiorità di qualcun altro durante la sua vita terrena, data la sua grande volontà di eccellere. Tutti prima o poi sono costretti a cedere la loro fama ai posteri. La fama terrena è come il vento: prima soffia da una parte poi dall'altra, secondo i cambiamenti dei gusti e della situazione politica e sociale. Come disse Ugo Foscolo nell'opera Le ultime lettere di Jacopo Ortis: «la fama degli eroi spetta un quarto alla loro audacia, due quarti alla sorte e l'altro quarto ai loro delitti.» Martina Scala IV A Liceo Scientifico PAGINA 43