Il foglio dell'Umanitaria Settembre 2017 - Gennaio 2018 | Page 9
il
FOGLIO dell’Umanitaria
9
Le riflessioni di Francesco Alberoni (datate 1964)
per vincere i pregiudizi sugli immigrati
Nel 1964, il Presidente della Provincia di Milano Adrio Casati coinvolgeva l’Umanitaria in un convegno di studio sul
problema degli immigrati a margine della XIII Triennale, allora istituzionalmente impegnata anche a discutere su
tematiche di attualità e di politica sociale. Tra i relatori presenti figurava anche un giovane e promettente France-
sco Albero ni (fresco docente di sociologia all’Università Cattolica), che in quel periodo stava occupandosi proprio
dell’integrazione dell’immigrato nella società industriale (titolo di un volume uscito per i tipi de Il Mulino nel 1965).
Il testo di quella relazione è stato recentemente trovato nel nostro archivio (mentre invece manca – scherzi del desti-
no – quello di Riccardo Bauer, dedicato a “L’integrazione culturale degli immigrati e l’esperienza della Società Uma-
nitaria”) e, con il consenso dell’Autore, lo ripubblichiamo perché – pur con i dovuti distinguo (la differenza sostan-
ziale fra immigrazione interna e immigrazione internazionale e società industriale e società post-industriale) – cre-
diamo che l’enunciato possa essere valido anche oggi, sopratutto quando Alberoni si sofferma sulla “necessità di una
responsabilizzazione di tutti, immigrati ed autoctoni, e la corrispondente necessità di combattere la passività, l’at-
tendismo, il vittimismo dei primi, i pregiudizi, la chiusura e l’autonomia dei secondi”. (clac)
“L’illustrazione del tempo
libero degli immigrati pre-
senta una difficoltà dovuta
al fatto che, nei primi
tempi di immigrazione,
l’immigrato non ha a
disposizione un tempo di
leisure in quanto impegna-
to nella ricerca di un lavo-
ro, di un alloggio, etc,
mentre, una volta superata
questa fase, i suoi proble-
mi di tempo libero sono
assimilabili a quelli di tutti
coloro che si trovano nelle
sue condizioni economico-
professionali. Altri aspetti,
come quelli delle resisten-
ze della popolazione autoc-
tona, male si prestano,
ancorchè sia possibile
farlo, per una utilizzazione.
Per risolvere il problema
ritengo sia oppor-
tuno svilup-
pare il
discorso allargando il
senso
dell’espressione
tempo libero, [attraverso]
interventi da compiere da
parte degli enti pubblici ai
fini della utilizzazione fun-
zionale del tempo non
lavorativo dell’immigrato
onde favorire una piena
integrazione professionale,
sociale, civica e di svago. Si
potrebbero distinguere, a
tale fine, quattro fasi.
Una prima fase di arrivo in
cui l’immigrato non ha un
tempo di leisure, ma ha i
pressanti problemi della
ricerca di un lavoro, di un
alloggio, etc e vede assotti-
gliarsi il gruzzolo portato
con sè. È questa una fase in
cui l’ente pubblico deve
preoccuparsi di offrire,
oltrechè un immediato
aiuto, anche un
orientamento effica-
ce e umano.
Nella seconda fase
l’immigrato ha tro-
vato una prima siste-
mazione ed incomin-
cia ad avere un tempo di
lavoro ed uno di non
lavoro che tende ad
impiegare ai fini del
miglioramento della
sua condizione, della
corrispondenza fra
attitudini ed attività
lavorativa, alla ricerca di
un alloggio ed anche di lei-
sure. Già in questa fase gli
interventi si possono svi-
luppare in tre direzioni:
l’assistenza, l’orientamen-
to e la creazione di infra-
strutture materiali e socia-
li che permettano l’inte-
grazione. È questa una fase
in cui l’intervento può
essere specifico, volto cioè
agli immigrati come tali
pur avendo cura di evitare
l’isolamento. Le iniziative
di tempo libero devono, in
questa fase, servire anche
come canali di informazio-
ne e di orientamento,
oltrechè come strumento
di stabilizzazione emotiva.
In una terza fase abbiamo
già una distinzione netta di
lavoro e tempo libero. È
questo il momento in cui
ha importanza la concen-
trazione di istituzioni e
attività di tempo libero di
cui l’immigrato possa frui-
re. L’ente pubblico concen-
trerà le sue iniziative nei
luoghi di massima immi-
grazione.
Nella quarta fase l’immi-
grato è ormai integrato,
seppur superficialmente, e
quindi per lui si pongono i
problemi generali della
integrazione nella società
industriale. Oltre alle ini-
ziative precedenti ha
importanza in questa fase
la messa in atto di iniziati-
ve di più ampio respiro di
ordine prevalentemente
culturale.
Naturalmente le iniziative
concrete possono servire
in tutte e quattro le fasi
svolgendo funzioni diverse
ed integrate.
Sarà bene anche dichiara-
re, seppur con moderazio-
ne, i pericoli e le insuffi-
cienze esplicitando alcune
tendenze degli immigrati e
degli autoctoni che appaio-
no disfunzionali e, analo-
gamente, alcune tendenze
o insufficienze della ammi-
nistrazione pubblica (per
esempio la burocratizza-
zione e l’impersonalità
degli uffici di assistenza,
orientamento). Converrà
anche sottolineare la
necessità di una responsa-
bilizzazione di tutti, immi-
grati ed autoctoni, ai fini
della costruzione di una
società e la corrispondente
necessità di combattere la
passività, l’attendismo, il
vittimismo dei primi, i pre-
giudizi, la chiusura e l’au-
tonomia dei secondi”.
Francesco Alberoni