il bordo dell'inferno climate fiction - guerre del cambiamento climatico | Page 8

etniche ed urla strazianti delle povere vittime, brutalmente violentate, gambizzate, fatte a pezzi o sgozzate o decapitate con armi da taglio. Giacevano per la strada o nelle case sventrate e poi incendiate, migliaia di corpi mutilati, vari arti, teste, un puzzo orrendo di sangue, di merda, di morte s’apriva la strada nell’isola, mentre funesti purpurei incendi illuminavano di rosso la notte, testimoniando i violent i scontri, che non sembravano aver fine!. La popolazione maltese che non era abituata a cotanta vio lenza, era terrorizzata. Quella che non era già morta ammazzata o stava per morire per mano cartaginese, era in fuga caotica verso la capitale (dalla quale non c’era alcuna via di fuga) intasando le poche vie di comunicazione e complicando le operazioni militari maltesi. Solo una piccola parte dei maltesi, quelli più fortunati, erano riusciti a raggiungere le proprie barche e salpare in gran fretta, abbandonando i bordi dell’inferno!. Il primo porto maltese per importanza, era il porto franco di Malta che giaceva accanto al ridente paese “il Brolli”. La struttura portuale civile era inutilizzabile: da ore si svolgevano feroci battaglie tra difensori ed aggressors in mezzo ai containers, dove parte della popolazione civile si era rifugiata, avendo trovato protezione in un coacervo eterogeneo di forze di difesa locali. Era dispiegato sul campo quello che rimaneva di un plotone di fanteria, dei poliziotti di alcune vo lanti, alcune guardie private del porto e pochissimi civili dotati di porto d’armi. C’era anche una preziosa unità di militari dotati di mortai leggeri da campo, che coordinavano la disperata difesa. Per ragioni di sicurezza, il porto era stato chiuso dall’alto comando, perché la parte opposta della baia non era più controllata dalle forze maltesi, provenivano tiri di RPG, lanci di MANPAD e molto fuoco di cecchini. Alle 9:30AM il primo ministro dell’isola shoccò il mondo, lanciando via satellite il disperato “May Day, Distress call”. Il naviglio civile che avrebbe dovuto