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B CRITIC
PERCHÈ VOGLIO FARE L ' ARCHITETTO ?
“ NON FATE STUDIARE ARCHITETTURA AI VOSTRI FIGLI . NON NE VALE LA PENA . VI RITROVERESTE CON DEI FIGLI FRUSTRATI ” La citazione è di gianni Biondillo , dal libro etropoli per principianti ( Ugo Guanda Editore , 2008 ) e ce la spiega un architetto sui generis .
DI PAOLO EMILIO BELLISARIO
S ono passati , ormai , più di dieci anni da quando mi ritrovai per la prima volta di fronte agli studenti in un ’ aula universitaria ed ora , come allora , inizio tutte le mie lezioni con questa citazione tanto cruda , quanto reale . Chiunque faccia la libera professione sa quanto sia difficile oggigiorno essere nel mercato . Eppure , tutto quello che avrei voluto fare da grande l ’ avrei ritrovato nel vasto panorama dell ’ architettura , un altro grande stereotipo scardinato alle fondamenta dalle innumerevoli strade che al suo interno possono nascere e covare per dipartire verso tutt ’ altre direzioni . Nell ’ architettura , come nel design , non conta a che scala stiamo ragionando , ma il modo in cui approntiamo al problema , alla richiesta . E quindi , ben venga fare “ il sacrificio ” di studiare architettura . Perché , come conclude lo stesso Biondillo , « la disciplina dell ’ architettura prevede una flessibilità mentale , una capacità di adattamento alle situazioni , un senso di progetto , che servono a prescindere dal lavoro che stai facendo » o dalla professione che faremo . Ci permette , in sostanza , di costruire la nostra visione strategica , o più sinteticamente la nostra vision . Se chiedessi ad un gruppo di professionisti di spiegarmi quale sia la loro vision , probabilmente otterrei risposte tutte diverse . Questo perché la vision rappresenta un ’ o- pera aperta , che studia le relazioni più che gli oggetti e le possibili implicazioni conseguenti . Racchiude ciò in cui crediamo , i nostri valori , le ragioni che sostengono le nostre azioni , il motivo per cui amiamo il nostro lavoro … la gioia nel nostro “ masochismo creativo ”. Al giorno d ’ oggi , quando il più delle volte è economicamente difficile vivere di un lavoro creativo - e non è facile non scegliere di scendere a compromessi - credo sia importante riconoscersi in una visione , in un credo , e porci queste domande : “ Perché scegliamo di essere designer ? E come lo facciamo ? Quando saremo sul mercato , al di là dei nostri titoli , dei meri aspetti economici e delle nostre abilità tecniche , la risposta a queste due domande permetterà ai clienti di sceglierci tra tutti gli altri . Ed io ? Credo , come Bruce Mau , che il processo sia più importante del risultato . Che non conti quale sia l ' arrivo ma l ' approccio . Credo nell ' importanza di una “ visione interconnessa ”: una strategia interdisciplinare e un approccio multidisciplinare utili ad affrontare e risolvere problemi di progettazione o le richieste dei clienti . Credo che “ nessuno possa fare tutto , ma che tutti possono fare qualcosa ” come diceva Pierre Levy a proposito dell ’ intelligenza collettiva . Credo che sia importante basare il proprio lavoro su una rete di collaborazioni e di collaboratori – il famoso network - perché tutti quei diversi approcci e competenze forniranno al progetto quella struttura / strategia più complessa , ormai indispensabile per lavorare in quei confini indefiniti dell ' architettura , dell ' arte e del design . Credo , infine , in un design mutevole e trasformabile come la nostra società . Che la progettazione contemporanea debba essere finalizzata alla creazione di luoghi in cui l ’ identità delle persone , le loro abitudini e le loro propensioni modifichino lo spazio e gli oggetti interagendo con essi . In cui non ci sia una netta distinzione delle funzioni , delle attività o dei momenti , ma in cui ci siano spazi che cambiano nel tempo . Spazi flessibili , temporanei o addirittura “ mobili ”, mutevole come la mobilità e l ’ incertezza che caratterizzano la nostra epoca . Agli architetti resterà il compito che hanno sempre avuto : quello di prevedere il cambiamento ed interpretare queste nuove identità , ma soprattutto quello di raccontarle , in modo che quante più persone riescano a riconoscersi in una nuova visione .
PAOLO EMILIO BELLISARIO Architetto e designer
Docente al corso Master in Interior Design di IED Milano . Svolge attività di progettista e designer con NINE associati , ed è stato cofondatore e CEO di ZO-loft architecture & design , nonchè redattore e responsabile delle relazioni esterne della rivista " Cityvision ". Il suo lavoro si alterna tra progettazione architettonica , product design ed art direction per aziende ed istituzioni . Vincitore di importanti premi e riconoscimenti internazionali , come l ’ IDA Award , l ’ Atlanta International Design Awards , MACEF Design Award , Well Tech Award , è stato inserito nell ’ Annual Young Blood come talento italiano premiato nel mondo . Ha esposto come architetto e designer in numerose mostre internazionali e il suo lavoro è stato documentato dalle più importanti riviste specializzate e pubblicazioni editoriali sia in Italia che all ’ estero . Ha organizzato eventi , laboratori didattico-creativi , workshop e concorsi internazionali , riferiti ai temi della glocalizzazione , dell ’ identità territoriale , delle utopie urbanistiche e delle tecnologie additive . Ha contribuito con articoli in diversi volumi e riviste conducendo ricerche sul patrimonio architettonico e culturale del basso Lazio , in collaborazione con Enti ed Istituzioni locali .