Guide agli itinerari più belli d'Italia Firenze - Dic. 2013 | Page 15
Il Crocifisso del Maestro di Figline
Postato da Mila Lavorini
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Dopo un attento restauro, curato dall’Opificio delle Pietre Dure e finanziato
43.76819°N , 11.26314°E
dalla Fondazione Friends of Florence, è tornata a splendere la grande Croce
dipinta del coro della Basilica di Santa Croce a Firenze, realizzata dal
cosiddetto Maestro di Figline, appellativo che fa riferimento alla Maestà,
conservata nella collegiata di Figline Valdarno, che l’anonimo artista dipinse
nel 1317.Arcaico e moderno allo stesso tempo, formatosi in ambiente
giottesco e identificato ipoteticamente come Giovanni di Bonino, pittore di
vetrate a Assisi, a tutt'oggi il Maestro resta una misteriosa figura senza
nome dallo scarno corpus di opere tra cui primeggia il Crocifisso fiorentino.
Il manufatto evidenzia come l'autore potesse essere considerato una valida
alternativa a Giotto per la sua abilità esecutiva, nonché per l'abbinamento di
lirismo e espressività nel rappresentare un vero corpo.Una delle più
importanti testimonianze religiose e artistiche della prima metà del XIV,
appartenenti alla Basilica fiorentina, la Croce azzurra riprende il semplice
schema giottesco che presenta al centro il Cristo morente, con occhi e bocca
socchiusi, dall’aureola a rilievo, che si staglia su un fondo oro, sormontato
da una tabella con iscrizione in caratteri latini, affiancata dalle figure dei due
Dolenti, la Vergine e San Giovanni. La scena è racchiusa da formelle polilobe
e tralci vegetali in cui si inseriscono otto figure legate al drammatico evento
rappresentato, tra cui San Giovanni Battista e Giuseppe d’Arimatea.Dopo
l’abbattimento dell’iconostasi, avvenuta nel Cinquecento, seguendo i dettami della Controriforma e la
trasformazione dell’edificio religioso, il capolavoro ligneo ha subito vari spostamenti all’interno della stessa chiesa,
fino al 1933, quando fu collocato nell’attuale cappella maggiore affrescata da Agnolo Gaddi.L’intervento
conservativo ha consentito il recupero e la rilettura dei preziosi pigmenti, come l’azzurrite, il blu lapislazzuli
impiegato per il manto della Madonna, mescolato con la biacca per sottolineare le zone in luce delle pieghe della
stoffa, o la lacca rossa che contorna i denti di San Giovanni, aggiungendo drammaticità al suo dolore.
L’importanza della committenza si evidenzia dall’uso diffuso di lamine d’oro e d’argento di notevole spessore, sul
fondo e sulla cornice, con alcune aree brunite per rendere la doratura lucida, in grado di illuminare i personaggi:
una ricerca accurata e sofisticata sottolineata anche dalla presenza, consueta per l’epoca, di una tela di
rivestimento incollata sul supporto ligneo, per contenere i