GRANDE CUCINA 01-2023 | Page 93

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fa certo eccezione , con la sua concentrazione di locali e il suo amore gaudente per il mangiare fuori casa . Se in una prima fase , durata fino ad anni assai recenti , la cucina italiana è stata un fenomeno puntuale ed esotico , fortemente incentrata sullo stereotipo e paradossalmente priva di identità , negli ultimi anni le cose sono molto cambiate . Non solamente nel numero , ma soprattutto nella diversificazione delle proposte e nella segmentazione dei pubblici . Oggi Barcellona è una metropoli internazionale , aperta e curiosa verso le cucine di tutto il mondo , in cui la presenza italiana è forte , consolidata e riconoscibilissima sia nell ’ offerta , che nella radice imprenditoriale . Certo non è stato un passaggio semplice né privo di criticità : la cucina italiana ha scontato e sconta anche qui il paradosso della sua apparente accessibilità che l ’ ha condannata a lungo ad essere letta come una cucina facile , appiattita sul carboidrato onnipresente di

pasta e pizza . Per riuscire a mostrare meglio la sua ricchezza , la sua varietà e la sua natura profondamente radicata nel prodotto , la cucina italiana ha lavorato in due direzioni . Da un lato è andata incontro al gusto locale , dialogando con la cucina catalana e ibridandosi in un matrimonio d ’ amore suggellato dalla comune radice mediterranea . Dall ’ altra ha insistito con testardaggine sulla specificità dei propri ingredienti e delle proprie culture regionali , non soltanto nel contesto della ristorazione , ma anche in quello della promozione / vendita dei prodotti . Oggi a Barcellona è possibile mangiare cucina siciliana , sarda , toscana , veneziana o ligure di buon livello , oltre che addentare pizze di egregia fattura e di diversa “ scuola ”. L ’ emancipazione della cucina italiana ha permesso dunque alla nostra ristorazione di parlare discorsi differenti , con accenti differenti e con un tono e una voce che si sono fatti negli anni più personali . Ecco dunque che
ristoranti come Il bacaro , Ostaia o Cucine Mandarosso non propongono semplicemente una “ cucina dialettale ”, ma la personale visione di uno chef con una propria radice e un proprio sguardo sul presente . Testimone e prova tangibile di questa evoluzione constante è il Festival del Parmigiano Reggiano che dal 2015 si svolge ogni anno nella capitale catalana ( e da due anni anche a Madrid ) e che riunisce attorno a questo grande protagonista della nostra tradizione gastronomica le proposte più significative della città . Possiamo dunque dire che lo stato di buona salute della ristorazione italiana si misura in questo momento nell ’ emergere di una proposta autoriale , di una cucina italiana firmata che magari non vanta ( ancora ?) blasoni o stellette sulla giacca , ma parla già un linguaggio sicuro e sciolto , riconoscibilissimo nella sua matrice italiana ma emancipato e personale . Tapas 2254 , My Fucking restaurant , Xemei o Agreste sono esempi molto diversi tra loro di questa comune tendenza che ha saputo formulare un discorso chiaro , comprensibile , capace di sedurre e di rimanere nella memoria di una città in cui tutto scorre , anche gastronomicamente parlando , molto velocemente .
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