GRANDE CUCINA 01-2023 | Page 89

@ Adobestock

na italiana brilla di luce propria a Parigi , le aperture si susseguono e i francesi fanno la coda per essere coccolati dai nostri chef , che si tratti di cucina italiana pura , ma anche di insegne francesi , dai Palaces ai bistrot . Senza tralasciare le “ trattorie ” di Pierre Gagnaire e di Cyryl Lignac e tutti gli chef italiani che compongono e guidano le brigate transalpine . Parliamo di Niko Romito , Langosteria , di Martino Ruggieri che ha inaugurato in ottobre la sua Maison ma anche di Giuseppe Zanoni al George V , di Aurora Storari a capo della pasticceria al Clarence , Flavio Lucarini al bistrot Flaubert , per non dimenticare della stella meritata dalla coppia Oliver Piras e Alessandra del Favero al Royal Monceau , pas mal no ? Lista non esaustiva ovviamente , perché alle novità bisogna aggiungere chi era già qui e non ha fatto altro che consolidare : Giovanni Passerini , Denny Imbroisi , Simone Tondo … Ma come è stato possibile ? Chi ha messo l ’ acqua sul fuoco ? Gli chef italiani

sono sempre passati da Parigi per affinare la tecnica , ma fino a 20 anni fa pochissimi rimanevano per affermarsi come chef . Un primo filone è la cucina italiana d ’ autore . Pierre Gagnaire , mi telefona per dire che è sempre stato affascinato dalla nostra cucina dove la cultura del prodotto è regina , « sento la vostra joie de vivre e nelle brigate la presenza di un italiano può fare la differenza ». Lo chef mi dice dopo una pausa “ une insousciance extraordinaire ”, ovvero l ’ invidiabile spensieratezza nella ricerca del gusto . Marco Viganò , a capo del ristorante “ Piero TT ” di Gagnaire , riprende il filo del discorso : i Francesi apprezzano la libertà dei nostri piatti , facili da leggere , dove la grande tecnica c ’ è ma non si vede ; sentono il nostro approccio al lavoro in cucina più generoso . Nello stesso filone al “ Carpaccio ” Oliver Piras e Alessandra del Favero guidano una brigata prevalentemente italiana per raccontare una cucina “ d ’ autore ”.
Non solo tecnica ma personalità . Consapevolezza delle proprie capacità che porta ad affiancare ai classici di “ Da Vittorio ” una proposta più creativa , ma non scenica fine a se stessa : « Il dialogo con i nostri clienti rimane fondamentale : abbiamo una clientela parigina , soprattutto a mezzogiorno , che apprezza molto la nostra ricerca sugli ingredienti , ma tutto ciò deve essere ben spiegato ». Secondo filone , non siamo più “ esotici ” o “ etnici ” e quindi i nostri chef vengono chiamati a intrepretare la “ bistronomie ” o prendono la guida di prestigiosi ristoranti francesi . Vincenzo Tirelli è stato promosso da questa stagione executive chef per Yannick Allleno al 1947 à Cheval Blanc , 3 stelle Michelin a Courchevel . Eugenio Infuso ( ex Ambroisie ) con Cecilia Spurio ( ex Alleno per il dolce ) al Korus , bistrot nell ’ 11 ° arrondissement ne sono un esempio . « Siamo venuti tutti in Francia per la tecnica , ma la tecnica non basta per affermarsi , bisogna creare la propria identità di gusto , che non è più Italiana o Francese . Da Korus abbiamo sviluppato un menù dove esiste l ’ incontro , un punto di dialogo tra tecnica e gusto che prescinde dagli aspetti caricaturali della cucina italiana ». Ai clienti non interessa la nazionalità di chi è in cucina , conta solo il talento . Noi abbiamo lavorato su una concentrazione del gusto che destabilizza il cliente e lo stupisce , e i nostri investitori sono pienamente soddisfatti . Forse la chiave di questo successo italiano sta proprio nella nostra cultura del gusto e in un nuovo sguardo sulla tecnica , meno sottomesso , percepita ora come strumento di espressione e non più come esercizio di stile . La nostra cucina ha imparato a volare .
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