GRANDE CUCINA 01-2023 | Page 36

CARLO CRACCO

IN CUCINA NON SI FINISCE MAI DI ESSERE ALLIEVI

FACCIA A FACCIA
36
SONO TANTI I GIOVANI E BRILLANTI CHEF USCITI DALLA FUCINA DI CARLO CRACCO , COME VALENTINO CASSANELLI , OGGI ALLA GUIDA DELLO STELLATO LUX LUCIS DELL ’ HOTEL PRINCIPE A FORTE DEI MARMI . UN INCONTRO , IL LORO , DI CREATIVITÀ , DI LIBERTÀ E DI INTELLIGENZA GASTRONOMICA
embra un paradosso , ma la popolarità mediatica di

S

Carlo Cracco ha messo in secondo piano la sua importanza nell ’ evoluzione dell ’ alta cucina italiana . Ben prima del successo popolare lo chef più celebre della tv ha segnato profondamente il fine dining del nostro paese . La sua libertà creativa , l ’ intelligenza gastronomica , il coraggio , l ’ azzardo , hanno aperto molte porte mentali a chi è venuto dopo . Basta pensare al suo uovo marinato o all ’ insalata caramellata servite ai tempi di Cracco Peck o la sua ostrica e rognone del 2010 . Ma l ’ importanza dello chef , che adesso guida Cracco in Galleria a Milano e il nuovo ristorante a Portofino , è ancora più profonda . Riguarda il suo modo di valorizzare e di formare i suoi collaboratori , di circondarsi di talenti e di creare squadre affiatate . Dal suo eccezionale braccio destro Luca Sacchi , uno dei più brillanti giovani chef italiani , ai casi clamorosi di Matteo Baronetto a Del Cambio a Torino e Riccardo Monco , tre stelle Michelin ( prese ai tempi di Cracco ) all ’ Enoteca Pinchiorri di Firenze , sono tanti i cuochi che sono passati dalle sue cucine . Uno dei più bravi è sicuramente Valentino Cassanelli , alla guida del Lux Lucis , ristorante stellato dell ’ Hotel Principe a Forte dei Marmi .
Come è nata la vostra collaborazione ? Valentino era un ragazzo con una gran voglia di crescere . Era capo partita nel mio ristorante di via Victor Hugo . Nel 2009 l ’ ho portato con me a Viareggio per una consulenza all ’ Hotel Principe . È rimasto lì . Ha preso la stella . È stato bravissimo . Soprattutto in un posto difficile , dove la gente è abituata a mangiare solo spaghetti con le telline .
Cosa hai visto in lui e nei ragazzi che vengono a lavorare da te , che caratteristiche devono avere ? La cosa che conta di più è la costanza . Il difficile nel nostro mestiere è mantenere la concentrazione nel tempo . Un piatto lo inventi , ma poi devi farlo tutti i giorni , tenendo sempre alto il livello . Sei esposto in maniera enorme , sempre sotto giudizio degli altri . Ma è questa responsabilità che ti permette di essere sempre concentrato .
Tu sembri avere un particolare talento a scegliere i collaboratori . Ma non dipende da me . Il merito è loro . Marchesi non mi ha scelto , sono io che ho scelto lui . E ho detto : vengo a lavorare qui ! La stessa cosa succede adesso . Non è lo chef che decide . Se un ragazzo vuole stare qui e vuole imparare il merito è suo . È successo con Matteo Baronetto , con di Gianluca Biscalchin
Luca Sacchi e tutti gli altri che potrei citare . Riccardo Monco l ’ ho preso nel ’ 92 da Pinchiorri . Sono io che gli ho dato quella possibilità , ma è stato lui che ha deciso di pedalare e di arrivare dove è arrivato . Non è merito mio se è arrivato dov ’ è adesso ..
Che tipo di allievo è stato Carlo Cracco ? Ma io mi sento ancora un allievo . Nel nostro mestiere non puoi mai dire di essere arrivato . Quando sei arrivato vuol dire che sei morto . Il bello di questo lavoro , se lo fai bene , è che è sempre vivo .
Ma quando hai cominciato a capire di poter mettere un ’ idea tua in un piatto ? È stato da Marchesi . È lui che ha sdoganato la personalità dello chef : i suoi piatti ti facevano capire l ’ importanza di avere delle idee , oltre che imparare a realizzarle . Quando gli facevi assaggiare i tuoi piatti ti guardava e ti chiedeva : perché hai fatto questo ? Voleva capire cosa c ’ era dietro . Ti interrogava molto di più sul processo che sul risultato . È stato lui a darci questa impronta .
Oltre Marchesi chi sono stati i tuoi maestri ? Sicuramente Ducasse . Quando sono stato da lui era un giovane chef con una grande voglia di fare , di arrivare . Quando ha messo piede in un territorio , il sud della Francia , che non era il suo , lo ha capito e ha costruito la sua idea di ristorazione . È stato il primo a capire il valore della cucina italiana . Un ’ apertura mentale grandissima . E poi Alain Senderens a Parigi . Era una specie di Marchesi francese . Serviva un foie gras con la verza , senza salsa , all ’ epoca una bestemmia , appena scottato , solo due ingredienti . Uno chef che esprimeva una vera cucina d ’ autore .
Poi hai aperto il tuo primo ristorante a Piobesi d ’ Alba in Piemonte . Lì ho avuto la grande fortuna di incontrare Bob Noto , forse il migliore gourmet d ’ Italia . Non un cuoco , ma un vero appassionato . È stato lui che con le sue provocazioni , con i suoi modi difficili da capire , ma molto profondi , mi fatto tirare fuori tutto quello che avevo dentro . È stato lì che ho cominciato a pensare alla mia cucina . Poi sono venuto a Milano , dove tutto corre più veloce . Qui c ’ è stata l ’ esplosione , avevo a disposizione tutto , ho potuto fare tutto quello che volevo e ho cercato di farlo bene . Dal rognone e ostrica , al midollo che ricorda il foie gras . Il resto è storia recente . Ma non smetto mai di essere un allievo .