GRANDE CUCINA 01-2022 | Page 37

PASSIONE ( COMUNE ) PENSIERO CULINARIO

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IKO ROMITO È UNO CHEF SENZA MAESTRI . NIENTE MARCHESI , NIENTE FRANCIA , NIENTE SPAGNA . Pochissimi stage , uno fra tutti Valeria Piccini , e un percorso unico che lo ha portato dal piccolo ristorante di Rivisondoli alle 3 stelle Michelin con il Reale di Castel di Sangro . Ha raccolto successi con la direzione creativa dei ristoranti Bulgari nel mondo , l ’ ultimo a Parigi , e i nuovi format di ristorazione “ media ” come Spazio e Alt . Per non parlare dell ’ impegno nel creare modelli innovativi di ristorazione collettiva . Ma il suo orgoglio è un ’ accademia di cucina che porta il suo nome , agganciata alla prassi quotidiana del ristorante tristellato di Casadonna . Sembra un paradosso , ma il fatto di non avere avuto maestri ha fatto di Niko Romito uno dei più appassionati promotori di pensiero culinario . Contraddicendo il modello di impronta francese dello chef-demiurgo , mistico detentore di inarrivabili misteri gastronomici . Un modello che ha segnato , e che purtroppo continua a marcare , una prassi odiosa che inibisce una piena consapevolezza delle nuove generazioni . Impedendo anche lo svilupparsi di modelli d ’ impresa consapevoli e al passo coi tempi . Il segno di Romito è invece la generosità dei saperi : la scuola , un libro importante come “ 10 lezioni di cucina ” e la continua valorizzazione dei giovani chef , tutti modi per mettere in condivisione il lavoro di ricerca e di pensiero nato nell ’ officina dello chef abruzzese . E , fondamentale , la riflessione su modelli evoluti di ristorazione , format innovativi e una riflessione sulla trattoria del futuro che saranno il cuore della ricerca nel nuovo campus che sta realizzando in Abruzzo . In sintesi , un ’ idea di cucina italiana come modello imprenditoriale , oltre che culturale , che la chef Stefania di Pasquo , della Locanda Mammì ad Agnone , Molise , ha fatto suo . Ex allieva dell ’ Accademia Niko Romito , è stata scelta dallo chef come esempio perfetto di messa in opera della sua idea di cucina .
Niko Romito : « Stefania si è iscritta al primo anno dell ’ Accademia , 10 anni fa . Era senza dubbio la migliore . Laureata in economia , aveva il progetto di aprire un suo posto con stanze e cucina in Molise . La sua grande capacità è stata quella di apprendere idee e tecniche per farle dialogare con la propria regione , con le persone , le origini , le tradizioni della sua terra ».
FACCIA A FACCIA
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Che poi sono molto simili alla tua … siete vicinissimi . Niko : « Certo Castel di Sangro è appicciato al Molise , le tradizioni sono quelle , i territori sono gli stessi . Ricordo il piatto che Stefania ha presentato a fine corso e che mi aveva molto colpito : un tortello di baccalà con una pasta al nero , con del pomodoro . Stefania aveva sintetizzato in quel tortello tutto il nostro mondo , perché Abruzzo e Molise sono territori che dialogano molto ».
NIKO ROMITO Chef tre stelle Michelin con il Reale di Castel di Sangro , cura la direzione creativa dei ristoranti Bulgari e ha all ’ attivo una accademia di cucina , un libro e un pensiero creativo e sociale , summa del “ suo ” modo di fare ristorazione .
Quindi un piatto che racconta un territorio ? Niko : « Certo : in quella ricetta aveva sintetizzato il pensiero che volevo lasciare ai miei studenti , quell ’ approccio di apparente semplicità che si ottiene lavorando su un ingrediente che ci appartiene molto per tradizione . Il baccalà inserito in questo tortello regala purezza estrema , semplicità del morso e la concettualizzazione del territorio . In questi anni Stefania ha fatto un percorso molto bello e soprattutto sempre più vicino a tutti i temi che oggi sono attuali : dialogo con l ’ ingrediente che il mercato ti da e un modello coerente con il tuo pubblico di riferimento ».
Quanto è difficile rimanere coerenti con questa idea di prossimità dell ’ ingrediente insegnata dallo
chef Romito ? Stefania di Pasquo : « Dall ’ anno scorso ho stravolto il menu e ho tolto tutto quello che non è di prossimità .
L ’ unico pesce che ho lasciato è il baccalà perché è un “ pesce di montagna ”, che mia nonna ha sempre cucinato . Non uso più la capasanta o i gamberi . Questa idea mi è venuta quando ho ristrutturato il locale , prima ispirato a un bistrot parigino . Ora ho creato un ’ istallazione in rame , tipico di questa zona di antiche fonderie di metalli perché anche le scelte estetiche devono parlare del mondo che mi circonda . Quindi territorio al 100 %. Anche nel menu . Però è difficile fare un piatto con i prodotti più semplici : se usi una capasanta , un ’ aragosta di qualità non hai problemi . Ma se usi una patata , una zucchina , allora è tutto più complicato ».