4 EDITORIALE
DANIELE BONALUMI
Sicurezza elettrica: il cuore fragile della transizione
C’
è un elemento ricorrente che attraversa ogni dibattito sulla transizione energetica: l’ impianto elettrico. Invisibile ma essenziale, è il sistema nervoso delle nostre abitazioni, degli edifici pubblici e delle infrastrutture produttive. Eppure, in Italia, continua a essere il punto più fragile. Lo ha confermato con forza la tavola rotonda organizzata lo scorso 23 maggio da FME: sicurezza, adeguamento e manutenzione degli impianti non sono solo un problema tecnico, ma un’ urgenza sistemica. Più di 12 milioni di abitazioni risultano inadeguate ad accogliere i nuovi carichi elettrici. E il rischio – reale – è che a ogni upgrade tecnologico corrisponda un passo indietro in termini di sicurezza. Questa fragilità si manifesta ogni giorno in modo silenzioso, ma potenzialmente letale. Lo shock elettrico da contatto diretto resta una delle principali cause di infortunio, anche in ambiti dove dovrebbe essere scongiurato da tempo. La maggior parte dei cittadini non ne conosce il pericolo. Troppi operatori lo sottovalutano. E anche in ambito industriale, dove la cultura della sicurezza è più radicata, si registrano impianti modificati senza tracciabilità, verifiche mancate, protezioni non aggiornate. Un corto circuito oggi può non solo danneggiare un elettrodomestico, ma disattivare una wallbox, compromettere un impianto fotovoltaico, mettere fuori servizio una rete domotica o smart metering. La sicurezza elettrica non è più solo tutela del singolo: è condizione per la tenuta dell’ intero sistema abitativo e produttivo. Le norme CEI – in particolare la 64-8, per quanto concerne gli impianti e la 11-27 per le attività – indicano con chiarezza come prevenire il rischio di shock: protezione delle parti attive con involucri e barriere, sistemi SELV e PELV, uso di dispositivi differenziali, rispetto dei gradi IP, verifica dell’ assenza tensione, ma in generale un’ attenzione particolare alla formazione degli operatori. Ma tutto questo non basta se rimane confinato nella carta. Serve una svolta culturale: manutenzioni obbligatorie, certificazioni periodiche, incentivi condizionati alla sicurezza degli impianti. E, soprattutto, servono procedure applicate e rispettate. Ogni impianto va pensato, verificato e documentato in funzione della sua evoluzione d’ uso. Ogni operatore deve essere formato, abilitato e responsabile. Ogni utente va reso consapevole che l’ impianto non è un accessorio: è una responsabilità. Il nostro settore non ha bisogno di nuove leggi, ma di dare efficacia a quelle che ci sono. Perché la transizione non sarà mai sostenibile se non sarà anche sicura.
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