Diario Italia Maggio 2014 | Page 5

ITALIA E ARGENTINA: DUE PAESI COMPLEMENTARI? Come accelerare sviluppo economico e scambi commerciali Circa due mesi fa, nello scorso mese di febbraio, nel corso di un incontro tra il ministro dell’Industria del governo Argentino, Dèbora Giorgi, e l’ambasciatore italiano, Teresa Castaldo, si è sottolineata la volontà di approfondire le relazioni tra i due paesi soprattutto sul terreno economico e si è parlato di “complementarità” tra le due economie. Può essere un esercizio non banale quello di chiedersi, con maggiore dettaglio, in cosa consista questa “complementarità”. La prima cosa che viene in mente, pensando a quello che gli economisti chiamano il modello di specializzazione internazionale di un paese, è che, mentre l’Argentina è una grande esportatrice di materie prime, in particolare di prodotti agricoli, l’Italia, che di materie prime è piuttosto povera, mantiene una presenza significativa sui mercati internazionali grazie ai manufatti, grazie in particolare alla produzione di macchine industriali. Da questo punto di vista la “complementarità” esiste senza dubbio: l’Argentina può fornire materie prime all’Italia mentre quest’ultima può esportare manufatti; cosa che si verifica infatti nei normali rapporti commerciali tra i due paesi. Ma esiste almeno un secondo aspetto per cui le due economie possono essere considerate complementari. La struttura industriale italiana, nel corso dei decenni successivi al boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta si è sviluppata soprattutto grazie allo sforzo minuto di migliaia di piccole e medie aziende che si sono create nicchie di mercato inventandosi prodotti e processi nuovi, in buona parte per soddisfare l’esigenza di risparmiare lavoro e sostituirlo con macchine e modalità produttive innovative ed efficienti. Non si tratta solo di tecnologia in senso stretto ma, piuttosto, della generazione di innovazioni di prodotti e processi che hanno contribuito (e contribuiscono) a rendere più semplice e meno costosa la produzione di altri beni. Di queste tecniche e di questi prodotti l’Argentina può certamente aver bisogno per la propria crescita interna, che, nel lungo periodo, non può basarsi solo sul settore primario dell’economia (a causa degli evidenti rischi derivanti dall’oscillazione dei prezzi delle commodities). L’Argentina ha anche bisogno di capitali ed il sistema economico italiano ne dispone, anche se in questi ultimi anni di crisi economica gli operatori si sono dimostrati restii ad usarli. crescita della produttività del lavoro e quindi del benessere diffuso. Ciò viene fatto tradizionalmente con lo strumento degli investimenti diretti all’estero; cioè, in sostanza, la costituzione di filiali all’estero per la produzione e commercializzazione nei paesi esteri. Ma i soggetti che possono effettuare tali investimenti in maniera più agevole sono, tradizionalmente, le grandi multinazionali, che posseggono le strutture e le competenze manageriali che consentono loro di elaborare grandi progetti. In Italia grandi multinazionali ce ne sono poche (quelle poche, come Fiat, Iveco, Ferrero, Pirelli, ecc. già presenti in Argentina) e la conseguenza è una presenza scarsa degli investimenti diretti italiani in Argentina che, negli ultimi anni, sono risultati inferiori non solo a quelli di Germania, Francia e Regno Unito, ma anche a quelli di economie più piccole come l’Olanda e la Spagna. Negli ultimi decenni però l’accelerazione del processo noto come globalizzazione ha, almeno in parte, portato degli importanti cambiamenti. La maggiore disponibilità di informazioni e la loro circolazione a livello internazionale, come anche la maggior disponibilità di know-how di tipo manageriale, rendono molto meno difficile anche alle aziende medie e piccole l’elaborazione di progetti di internazionalizzazione e quindi la creazione di vere e proprie piccole multinazionali (le “multinazionali tascabili” sono state definite da alcuni osservatori). Dai progetti di investimenti delle piccole e medie imprese italiane in Argentina il sistema economico italiano ne avrebbe grandi benefici: a cominciare dal potenziale aumento medio delle dimensioni aziendali nel proprio sistema industriale e dalla, almeno parziale, compensazione degli effetti della crisi economica sul mercato interno. Ma anche l’Argentina potrebbe cogliere una grande opportunità: la possibilità di profittare di anni di esperienza nella ricerca di produzioni efficienti in molti settori industriali, la possibilità di assicurarsi prodotti necessari per lo sviluppo economico senza ricorrere alle importazioni e (perché no?) anche la possibilità di incrementare le esportazioni nei paesi confinanti. Per poter favorire questo processo è però necessaria la formulazione di politiche ed iniziative da parte delle istituzioni dei due paesi in grado di incoraggiare in maniera efficace questi processi. E.F. Naturalmente i prodotti di cui l’Argentina ha bisogno potrebbero essere semplicemente esportati dall’Italia. Ma le cose non sono così semplici e non solo, o non tanto, perché negli ultimi anni l’Argentina cerca di limitare il volume delle importazioni per agevolare le proprie politiche valutarie. Ma soprattutto perché ciò di cui ha bisogno, oltre a specifici macchinari, è anche il know-how di processo; in sintesi ha bisogno degli impianti produttivi che possano contribuire alla