Dialogo n. 01-2021Web | Página 7

banca cedette alle Clarisse di San Carlo , un ’ istituzione ecclesiastica che stava assumendo importanza in Rovereto . Ma a questo periodo si può far risalire un altro legame di Arco con Rovereto . È storicamente accertato che è grazie al buon tramite e all ’ influenza dei nobili d ’ Arco che venne promossa la costruzione della nuova Collegiata di Arco , su progetto di Giovanni Maria Filippi , architetto presso la corte imperiale di Praga . Colui che però diventò responsabile del grande cantiere per diversi anni fu il lapicida veronese Domenico Grani , attivo a Rovereto negli ultimi decenni del Cinquecento nella ricostruzione dell ’ arcipretale di S . Marco . Ed è pensabile che egli si sia stabilito ad Arco grazie ai contatti che i d ’ Arco avevano con la nobiltà veronese . È la figura del conte Emanuele d ’ Arco , nato nel 1702 , che dà l ’ opportunità di ritrovare un nuovo collegamento fra Arco e Rovereto . Scrive Antonio Gorelli , biografo di casa d ’ Arco : «[..] fu Cavaliere di gran spirito , dotato d ’ ogni virtù e singolare pietà , e compositore di Musica ». Quest ’ ultima dote rappresenta una novità assoluta per gli appartenenti alla famiglia d ’ Arco . Presso la Biblioteca comunale di Rovereto sono conservate otto lettere indirizzate da Emanuele d ’ Arco a Giuseppe Valeriano Vannetti , personaggio di grande rilievo nel mondo culturale roveretano del Settecento , uno dei fondatori e primo segretario dell ’ Accademia degli Agiati . Sono lettere che mettono in luce una preparazione culturale elevata : egli scrive in francese , in tedesco , compie citazioni in latino . Manifesta una certa raffinatezza di costumi e , al tempo stesso , l ’ ipocondria del carattere , d ’ altronde ammessa dallo stesso conte .
In una lettera a Vannetti egli infatti scrive : « Ipocondro non mi conduce che a molteplici tipi di cose , di cui la fine non corrisponde mai , come dovrebbe , all ’ inizio . E la sola cosa che io conosco è quella di sapere che non so nulla ». Egli invita in una lettera Vannetti e la moglie nel suo “ romitaggio ” ad Arco ( che poi diventerà il Palazzo dei Panni ). In un ’ altra lettera esprime la sua soddisfazione perché due sue composizioni avevano incontrato l ’ apprezzamento dello studioso roveretano . Il 9 aprile 1757 egli scrive a Giuseppe Valeriano Vannetti : «[…] poiché sono più persuaso della continuazione della vostra stima ed amicizia per me , ho l ’ onore di farVi sapere , Signore , che giovedì prossimo sarò a Rovereto con mio figlio Carlo d ’ Arco che torna in patria ». In quell ’ occasione il figlio Carlo si esibirà in un concerto . Di questo
Ritratto del conte Emanuele d ’ Arco ( da “ Il Palazzo dei Panni ”)
nobile di casa d ’ Arco esiste un ritratto , ora conservato nell ’ ufficio del sindaco nel palazzo municipale . Egli regge sulle ginocchia un libro aperto sulle cui pagine si legge chiaramente : « Se al Governo Amici Dei / È difetto un Cuor Paterno / O togliete a me il Governo / o a me date un altro Cuor ./ Se la fé de stati miei / con l ’ amor non assicuro / D ’ un Governo io non mi curo / sostenuto col Rigor ». Sono parole chiaro specchio di un animo nobile , che si onorava dell ’ amicizia del grande roveretano Giuseppe Valeriano Vannetti . Passano i decenni e , conclusasi verso metà Ottocento la presenza dei conti , Arco conosce il periodo felice del Luogo di Cura . In città , sviluppatasi urbanisticamente con parchi , giardini , ville ed alberghi , arrivano esponenti della nobiltà e dell ’ alta borghesia mitteleuropea . Su sollecitazione anche dell ’ arciduca Alberto d ’ Asburgo che aveva fatto costruire in Arco una grande villa , si realizza la ferrovia Mori - Arco - Riva , la notissima MAR , inaugurata il 28 gennaio 1891 . Questa linea ferroviaria contribuì allo sviluppo “ dell ’ industria del forestiere ” nell ’ Alto Garda , portando ad Arco e sulle rive del Gar-
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