DENTROCASA SETTEMBRE 2021 | Page 38

contemporary
Ruota strappata , 1967 / 68 , grès .

PIANETA ZAULI

Sculture che rimandano a forme di vita ancestrali . Un museo le raccoglie per conservare la mappa di un DNA d ’ artista tutto da scoprire . A Faenza visitiamo MCZ , uno spazio esclusivo , dedicato allo scultore Carlo Zauli .

Nei luoghi in cui la Storia è stata grande ed ogni cosa è conservata per ricordarlo , tutto sembra pronto per ripartire ad ogni istante , a prendere di nuovo corpo ed anima . È questa la magia che ci guida durante la visita al laboratorio-museo faentino dello scultore , ceramista e designer Carlo Zauli . Attraverso gli spazi dedicati , arricchiti nel corso del tempo di sempre nuove donazioni e collezioni , il museo porta avanti senza sosta il progetto principale per cui è nato : mantenere viva la memoria di un artista scomparso , portarlo a conoscenza dei giovani , farlo incontrare con artisti delle nuove generazioni , che ne possano trarre spunti e insegnamenti . Visitando gli ambienti di MCZ , adibiti a laboratorio per gli artisti residenti , è superfluo chiedersi dove inizi il lavoro del maestro e dove finisca quello degli allievi : un grande tavolo , orientato ad est , con prototipi , materiale da calligrafia e fogli sparsi in cui il tempo si mescola e l ’ arte diventa afflato universale . Sulle pareti setacci , fotografie e schizzi . Entrando nel museo si vive un sentimento di totale espansione : spazio e tempo sembrano essere stati intrappolati negli antichi forni e poi dispersi nell ’ etere col nero inchiostro del fumo di cottura , per coprirne le tracce . La cantina conserva ancora i sacchi d ’ argilla dell ’ artista in un grande allestimento permanente , assieme ai torni ed ogni arnese da lavoro : tutto è diventato arte , la sua stessa vita ed ogni cosa che la ricordi . È un percorso d ’ arte e vita quello che il museo continua a custodire e progettare grazie all ’ impegno e alle testimonianze dei figli dell ’ artista , scomparso nel 2002 , portando da un luogo all ’ altro un grande messaggio poetico , ancora intatto e attualissimo . Ne facciamo tesoro per tracciare la mappa del DNA estetico dell ’ artista . “ Mani di scultore che plasmano , che accarezzano la materia grazie a un prodigioso fenomeno in costante divenire con il presente ”. È la testimonianza di Monica Zauli che assieme al fratello Matteo dirige e coordina il Museo e l ’ Archivio dedicato al padre . “ La terra arata , la sfera e i fremiti sono rimandi ad una cosmogonia femminile tanto cara al DNA romagnolo , sensuale e felliniano . Il femminile tanto amato da mio padre anima gran parte della sua produzione e permea di sé l ’ intero universo zauliano ”. La terra è stata il mezzo artistico , privilegiato da Carlo Zauli , come riportato dal figlio Matteo , e alla terra – tra escrescenze , rotture , frantumazioni e tentativi di razionalizzazione – le sue opere fanno riferimento . L ’ artista si è fatto spesso riprendere fotograficamente sui campi appena arati , quasi a volere sottolineare l ’ importanza del rapporto tra forma e natura nella sua opera , incarnando il mito della nascita dell ’ uomo dalla terra e la sua appartenenza ad essa . Oltre c ’ è la metafisica di Zauli , il racconto di un viaggio interiore verso le sfere celesti , il viaggio verso il mondo delle idee , attraversando campi arati , brume e l ’ intimità avvolgente con le cose . Il museo restituisce la narrazione del viaggio attraverso il movimento immobile , limpido e vibrante delle sue opere , nella loro presenza assoluta . L ’ esposizione museale permanente inizia con la visione di un cerchio di totale bellezza , l ’ opera intitolata “ La ruota spezzata ”, che si forma e si riforma davanti agli occhi . Un cerchio laccato di un bianco profondo , che galleggia tra sogno e realtà e si apre in una breccia in cui vagano le stelle . È questo lo stargate che nel ’ 68 è valso a Zauli l ’ ingresso