DENTROCASA MARZO 2020 | Page 27

In alto: fotografia dal set di “Per un pugno di dollari”. Sopra: Clint Eastwood, fortemente voluto da Sergio Leone per la “Trilogia del Dollaro”. A destra: il celebre poncho indossato da Clint Eastwood nei film di Sergio Leone. Foto Lorenzo Burlando. e L’eredità Leone. Difficile non identificare al volo un film del regista italiano. Gli sguardi penetranti e magnetici dei protagonisti, le lunghe pause silenziose, le inquadrature che indugiano su un dettaglio della scena: ecco alcuni tratti distintivi di quello che negli anni è stato riconosciuto come un nuovo modo di fare cinema. Nelle pellicole di Sergio Leone il classico western rivive in reiterate sfide a colpi di occhiate, primissimi piani a suonare come ineluttabili sentenze. Non è un caso che Leone scelga Clint Eastwood, allora modesto attore TV americano, e ne faccia un divo. E alle incalzanti richieste dell’attore, vedi ad esempio quella di abbandonare nelle riprese l’utilizzo del sigaro, il regista replica secco: il sigaro era ormai da considerarsi un coprotagonista dei suoi film e per questo elemento irrinunciabile. Succede nella cosiddetta “Trilogia del Dollaro”, resa leggendaria anche dalle splendide colonne sonore di Ennio Morricone, avviata nel 1961 con “Per un pugno di dollari” (film per il quale Leone viene accusato di plagio) e proseguita con “Per qualche dollaro in più” del 1965 e “Il buono, il brutto e il cattivo” del 1966. Sergio Leone, che al debutto nel mondo del cinema si era dedicato al peplum (genere del filone storico-mitologico), con la Trilogia del Dollaro ottiene grandissimo successo a livello internazionale e, grazie agli incassi del botteghino e alla fama crescente, riesce a superare alla grande difficoltà e diffidenze iniziali. I successivi lavori sono conferma, completamento e sublimazione della sua arte: il regista è ormai diventato un cult. Nel 1968 esce “C’era una volta il west”, prodotto dalla Paramount, una tormentata e a tratti violenta riflessione sul mito americano, fra disillusione e nostalgia. Leone, che si avvale dell’aiuto di Bernardo Bertolucci e Dario Argento, vuole nel cast Henry Fonda, Claudia Cardinale e Charles Bronson. È l’esordio di una nuova Trilogia, quella del Tempo, che prosegue nel 1971 con “Giù la testa”. “C’era una volta in America”, datato 1984 e con Robert De Niro protagonista d’eccezione, è l’ultima grande fatica del regista romano, chiosa ideale di un percorso improntato su una rilettura personale, romantica ma anche drammatica, della leggenda americana. Un film lunghissimo, anche se poi ridotto a poco più di 2 ore nella versione d’oltreoceano, a raccontare ascesa e caduta di una banda gangster nella New York del post-proibizionismo. Nell’atto finale della sua immensa eredità, la cinepresa di Leone si muove con un sottile gioco di rimandi e flashback nello snodarsi di un racconto filmico che è memoria e sfida, ma pure incontro di culture. Il duello è metafora della vita stessa, in scena su una frontiera che non esiste più ma che rinasce nello sguardo entusiasta e appassionato del regista, a celebrare per sempre il riscatto degli antieroi. arapacis.it Fino al 3 maggio 2020