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Ljubica Komlenic
Top Italian Chef
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ph Giovanni Panarotto
giovannipanarotto.com
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anche se il tempo non
sempre lo consente.
Bisogna in ogni caso
tenersi informati”.
Può un vino rovina-
re un piatto? “Cer-
tamente. A volte se
non assaggi adegua-
tamente ti aspetti
sensazioni completa-
mente diverse. Se il
vino è troppo acido,
ad esempio, va a co-
prire la leggerezza
del piatto”.
Come si capisce se una bollicina è di qualità?
“Anzitutto dalla digeribilità, ma già nel versare
il vino nel bicchiere riesci a valutare subito la
schiuma. Il giorno successivo alla consumazione
non deve poi dare mal di testa o acidità. I clienti
più informati ti chiedono ormai un vino senza
solfiti o con pochi polifenoli. Non dimentichiamo
poi anche l’importanza del calice, la sua forma
o lo spessore del vetro, per apprezzare a dovere
il vino. Per il mio lavoro servirebbe sicuramente
più preparazione con corsi ad hoc mirati sulle
diverse mansioni”.
Cosa pensi dei tavoli con anche quattro calici di
vino? “Dico che più il tavolo è ordinato, meglio è.
Anche perché il cliente di oggi appoggia spesso
anche cellulare, chiavi e accendini… Ci sarebbe
anche la carta dell’acqua ma ci vuole una cultu-
ra adeguata e non è il caso di appesantire troppo
il ruolo del cliente che viene al ristorante per
rilassarsi”.
Il maître e sommelier celebra anche il rito dell’ac-
coglienza… “Devi mettere il cliente più a suo agio
possibile. Sentirsi abbandonati all’ingresso o all’u-
scita non è bello. Il cliente ha sempre ragione,
nel senso che deve sempre trovarsi bene, ma va
anche indirizzato: manca ancora una cultura del
come si sta seduti, come ci si alza o anche come si
chiama correttamente un cameriere”.
Tra gli aspetti fondamentali del tuo lavoro c’è
l’organizzazione, specie per ristoranti che ospi-
tano anche centinaia di persone contemporanea-
mente: “Occorre un lavoro di gruppo, che sappia
calibrare i tempi e stemperare la tensione per i
tanti piatti da consigliare e servire. Viene fatto a
tal proposito un briefing fra i responsabili all’ini-
zio e alla fine della serata per andare a correg-
gere le imperfezioni”.
Sarebbe una bella idea fare corsi ai clienti? “Per-
ché no: sarebbe da tenere in considerazione”.
Come sono i bambini di oggi a tavola? “Non tutti
sono bravissimi, devo dire: ci sono bambini che
smontano letteralmente la tovaglia e sporcano
dappertutto. L’educazione va impartita da picco-
li, a casa. I bambini devono quindi essere guidati
anche a seconda della location che frequentano,
anche perché per loro la scoperta diventa uno
stimolo”.
Maître e sommelier devono portare energia po-
sitiva in sala… “Già. I problemi personali vanno
tenuti fuori dal lavoro. Per l’ospite in sala il sor-
riso è fondamentale”.
Infine, che messaggio lancerebbe ai lettori di
DENTROCASA? “Quello di cercare di rendere
più piacevole possibile il proprio tempo a tavola
e in questo modo agevolare il servizio e trascor-
rere del tempo migliore. L’arte della tavola cela
un patrimonio culturale ancora da scoprire e di-
vulgare” conclude Fabrizio Bolpagni.