A sinistra: Vivian Maier, Lena Horne, New York, NY, September 30, 1954, Gelatin silver print, 2014, 40x50 cm, © Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof, Collection and Howard Greenberg Gallery, NY
Stefania Vitale stefania. vitale @ dentrocasa. it
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cattava nel silenzio, senza apparenti pretese, ben distante dall’ idea di ricreare alcuna messa in scena. E nel“ silenzio” ha anche lasciato per anni la sua opera straordinaria, portata alla luce, per caso, solo in seguito ad un’ asta. La storia di Vivian Maier( 1926 – 2009) rimane per molti versi avvolta ancora nel mistero: tata di professione e fotografa per vocazione, ha infatti accumulato in vita un grandissimo patrimonio artistico-documentaristico, testimoniando, attraverso i suoi scatti discreti, gesti e abitudini di un intero trentennio tra New York e Chicago. La diffusione delle foto della Maier si deve a John Maloof, all’ epoca agente immobiliare, che nel 2007, del tutto all’ oscuro dell’ identità della donna e del futuro successo di quel materiale, acquista una parte dell’ archivio fotografico confiscato a causa di un mancato pagamento. Appena gli scatti circolano in rete, il pubblico dimostra un interesse immediato, fino a proiettare il nome della Maier tra i più amati di tutti i tempi a livello internazionale. A renderle omaggio in questo periodo è il Centro Culturale Altinate San Gaetano di Padova, teatro della mostra dal tema“ Vivian Maier. The exhibition”, che ospita più di 200 fotografie a colori e in bianco e nero, immagini iconiche, oggetti personali, documenti inediti, ma anche sale esperienziali e immersive, registrazioni audio e filmati Super 8, esposti in via eccezionale soltanto per questa retrospettiva. La Maier ci proietta nel cuore pulsante delle strade americane dove si incrociano trame di vita di uomini d’ affari, signore eleganti, gente di passaggio, così come pure soggetti ai margini lontani dalle dinamiche del“ sogno americano”, anziani attardati sulle panchine e naturalmente molti bambini con i loro colorati alfabeti quotidiani. Istanti che si sfiorano, fra destini agli antipodi
Sopra: Vivian Maier, Self-Portrait, New York, NY, 1953, Gelatin silver print, 2012, 40x50 cm, © Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY
e percorsi sospesi nei rituali giornalieri. A guidare gli scatti della Maier semplicemente un istinto mai sazio, una curiosità che non conosce tregua, nonché un incessante desiderio di sperimentare le potenzialità del mezzo fotografico. Come nei tanti autoritratti realizzati occasionalmente davanti alle vetrine dei negozi, autentici selfie ante litteram che hanno contribuito in modo determinante alla diffusione della sua fama. E proprio all’ indagine su se stessa, a quel ripetuto, ostinato, scrutarsi dietro l’ obiettivo, è dedicata la prima sezione della mostra dal tema appunto“ Vivian sono io”, fortemente rivelatrice dell’ attualità del suo linguaggio visivo. Il percorso si snoda poi attraverso una serie di scatti“ rubati”: storie“ mute” e ordinarie catturate con garbo, sensibilità e un pizzico di ironia immortalando la naturalezza dei soggetti e svelandone di conseguenza l’ autenticità. Un occhio di riguardo è sempre riservato all’ infanzia, alle mille sfumature di un’ età tanto genuina quanto intensa che la Maier ritrae regalando immagini vivide e nello stesso tempo intrise di delicatezza. Nella mostra padovana non mancano pure le incursioni nel linguaggio“ poetico” delle fotografie astratte, come pure le riprese realizzate con la macchina Super 8 a raccontare, senza artificio, le pieghe della vita urbana e la sua grande complessità. Volti, espressioni, lacrime e risate. Affreschi senza veli di un reale che scorre al ritmo di esistenze comuni per poi immergersi nella bellezza dell’ arte.