Dance&Culture N°5/2015 | Page 40

offre e della sua scelta estera, soprattutto di danza. “Mi sono imposto come missione principale: se devo fare della ‘non danza’ per essere all’avanguardia e alternativo preferisco smettere di coreografare. E’ giusto che esistano anche esperienze di ‘danza concettuale’, o ‘teatro danza’ o altro ancora che dovrebbe essere definito in altro modo, chiamiamolo ‘teatro fisico’, ma che non si chiami ‘danza’ tout court. I miei danzatori sono incredibilmente preparati. Con The Primate Trilogy stiamo indagando in questa direzione e chissà che continuando così, invece di farli smettere di ballare, non si riesca ad arrivare a risultati eccellenti come chi, prima di noi, riuscì negli anni d’oro della ricerca”. La sua trilogia è in realtà un atto unico di un’ora e un quar- to. E’ risultata particolarmente interessante, intensa ed efficace la sua scelta di non dividere l’opera in quadri, come pure l’inaspettata comparsa delle punte nell’ultima parte dello spettacolo. In proposito racconta: “Volevo l’effetto di una maratona che facesse uscire la gente metaforicamente sudata. Ho chiesto ai ballerini se si sentivano di affrontare questa sfida. Si sono massacrati ma ce l’hanno fat- ta e sono anche contenti che non ci sia la pausa ma che sia un’esperienza fisica dall’inizio alla fine”. La movimentazione dei gruppi è pulitissima ed anche questa è una sua fissazione. La connessione visiva dello sguardo si amplifica con quella verbale, il suono delle loro voci che conta ad alta voce marciando crea una perfetta amalgama tra i performers e un profondo effetto emozionale sugli spettatori che vengono coinvolti anche dalla musica appositamente creata sul movimento coreografico. La sintonia di Godani con il sound che ricerca per i suoi spettacoli con i 48Nord, i due musicisti di Monaco di Baviera, si è sviluppata in anni di collaborazione. Le luci, disegnate da Godani, che sono una vera e propria scenografia e i suoi costumi, “qualcosa a metà tra il supe- reroe e la fantascienza ma che mostri il corpo”, completano il vortice in cui coinvolgere totalmente lo spettatore. E’ il pubblico il punto culminante di uno spettacolo e Godani il contatto con la gente lo vuole vero e reale. Il muro della quarta parete va abbattuto proprio nel rapporto con lo spettatore. E’ per questo che sogna di riportare la compagnia dal Bockenheimer De- La Dresden Frankfurt Dance Company in prova con il suo direttore artistico e coreografo Iacopo Godani Ph.Raffaele Irace 40 41