offre e della sua scelta estera,
soprattutto di danza.
“Mi sono imposto come missione principale: se devo fare
della ‘non danza’ per essere
all’avanguardia e alternativo
preferisco smettere di coreografare. E’ giusto che esistano
anche esperienze di ‘danza
concettuale’, o ‘teatro danza’
o altro ancora che dovrebbe
essere definito in altro modo,
chiamiamolo ‘teatro fisico’, ma
che non si chiami ‘danza’ tout
court. I miei danzatori sono incredibilmente preparati. Con
The Primate Trilogy stiamo indagando in questa direzione e
chissà che continuando così,
invece di farli smettere di ballare, non si riesca ad arrivare
a risultati eccellenti come chi,
prima di noi, riuscì negli anni
d’oro della ricerca”.
La sua trilogia è in realtà un
atto unico di un’ora e un quar-
to. E’ risultata particolarmente
interessante, intensa ed efficace la sua scelta di non dividere l’opera in quadri, come
pure l’inaspettata comparsa
delle punte nell’ultima parte
dello spettacolo. In proposito racconta: “Volevo l’effetto
di una maratona che facesse
uscire la gente metaforicamente sudata. Ho chiesto ai
ballerini se si sentivano di affrontare questa sfida. Si sono
massacrati ma ce l’hanno fat-
ta e sono anche contenti che
non ci sia la pausa ma che sia
un’esperienza fisica dall’inizio
alla fine”.
La movimentazione dei gruppi
è pulitissima ed anche questa
è una sua fissazione. La connessione visiva dello sguardo
si amplifica con quella verbale, il suono delle loro voci che
conta ad alta voce marciando
crea una perfetta amalgama
tra i performers e un profondo
effetto emozionale sugli spettatori che vengono coinvolti
anche dalla musica appositamente creata sul movimento coreografico. La sintonia di
Godani con il sound che ricerca per i suoi spettacoli con i
48Nord, i due musicisti di Monaco di Baviera, si è sviluppata in anni di collaborazione.
Le luci, disegnate da Godani,
che sono una vera e propria
scenografia e i suoi costumi,
“qualcosa a metà tra il supe-
reroe e la fantascienza ma
che mostri il corpo”, completano il vortice in cui coinvolgere totalmente lo spettatore.
E’ il pubblico il punto culminante di uno spettacolo e Godani il contatto con la gente
lo vuole vero e reale. Il muro
della quarta parete va abbattuto proprio nel rapporto con
lo spettatore. E’ per questo
che sogna di riportare la compagnia dal Bockenheimer De-
La Dresden Frankfurt Dance Company in prova con il suo direttore artistico e coreografo Iacopo Godani
Ph.Raffaele Irace
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