ZIBALDONE
Magia della notte di Natale
di Graziano Vinti
legna, pellet, stufe e camini
PASSERI FERNARDO
riscalda il tuo inverno
voc Coltratrice - 06029 Valfabbrica - Perugia
tel 075 90 13 92 - 338 56 99 451
Si considera il Natale, ed in particolare la
notte di Natale, come notte di pace e letizia. Ma la notte della Vigilia, in un passato
lontano, proprio perché coincidente con il
solstizio d’inverno, è stata sempre considerata una notte magica. Uomini o donne, a cui venivano attribuiti poteri stregoneschi, aspettavano proprio la notte della
Vigilia per trasmettere i propri saperi ad
altri che avrebbero così continuato la loro
opera, oppure componevano filtri magici
che avrebbero avuto effetto solo se somministrati questa fatidica notte.
Nel sud Italia per affatturare un uomo
si prendeva un’arancia durante la messa di Natale e si infliggevano degli spilli
sul frutto (pratica che ricorda i riti vudù di
magia afro-brasiliana). La maledizione di
chi osava nascere la notte destinata alla
nascita di Gesù Cristo era quella di tramutarsi in lupo mannaro. Le donne non
erano soggette a questo male, quindi le
femmine che nascevano in quella notte
si credeva potessero diventare streghe o
sonnambule.
Oggi non c’è più il senso del buio, le notti
sono contaminate da troppe luci. L’avvento dell’energia elettrica ha cancellato
la dimensione magica della notte e le
creature fantastiche che la popolavano.
E come il buio, anche il silenzio regnava
padrone in quelle notti, si potevano udire
suoni o rumori provocati anche da grande distanza che andavano lacerando la
quiete. Suoni che facilmente divenivano
urla, grida che venivano attribuiti a miste-
riose creature metà uomini metà animali,
con occhi di vetro, unghie come artigli,
lunghi capelli e peli su tutto il corpo: il
lupo mannaro.
Pericoloso era passare nei pressi dei
fossi nelle notti di luna piena, poteva
capitare d’incontrare un uomo-lupo che
cercava di placare il calore e il dolore
sprigionati dal suo corpo rotolandosi nel
fango, nei pantani, nei corsi d’acqua stagnante.
In molti lo ricordano ancora, quello che
capitò ad Elda, l’ultima delle lavandaie di
Pretola, la donna che lavava i panni dei
signori perugini lungo le acque del Tevere. Quella sera s’era attardata insieme
alla Liliana a risciacquare sul fosso, le
lenzuola dei carabinieri di Ponte Valleceppi, quando giunsero alle sue orecchie
delle grida e una forma indistinta sbatteva violentemente contro l’acqua alzandola, sbatteva, sbatteva... Le due giovani
si fecero di pietra, intanto l’uomo nel fosso si calmò e, come niente fosse, passò
davanti a loro e procedette verso il fiume. L’Elda incontrava spesso quell’uomo
del paese, nel viso e nelle mani sempre
stroncicato e pieno di lividi, che le incuteva tanta paura lungo la corta, il sentiero
che congiungeva Pretola al centro della
città di Perugia (...) tutti in paese dicevano che era un lupo mannaro.
(Testo liberamente tratto da G. Vinti, I racconti del focolare, ali&no editrice 2012,
31
www.alienoeditrice.net)