Cucinarte 24 Natale Dicembre 2013 | Page 32

ZIBALDONE Magia della notte di Natale di Graziano Vinti legna, pellet, stufe e camini PASSERI FERNARDO riscalda il tuo inverno voc Coltratrice - 06029 Valfabbrica - Perugia tel 075 90 13 92 - 338 56 99 451 Si considera il Natale, ed in particolare la notte di Natale, come notte di pace e letizia. Ma la notte della Vigilia, in un passato lontano, proprio perché coincidente con il solstizio d’inverno, è stata sempre considerata una notte magica. Uomini o donne, a cui venivano attribuiti poteri stregoneschi, aspettavano proprio la notte della Vigilia per trasmettere i propri saperi ad altri che avrebbero così continuato la loro opera, oppure componevano filtri magici che avrebbero avuto effetto solo se somministrati questa fatidica notte. Nel sud Italia per affatturare un uomo si prendeva un’arancia durante la messa di Natale e si infliggevano degli spilli sul frutto (pratica che ricorda i riti vudù di magia afro-brasiliana). La maledizione di chi osava nascere la notte destinata alla nascita di Gesù Cristo era quella di tramutarsi in lupo mannaro. Le donne non erano soggette a questo male, quindi le femmine che nascevano in quella notte si credeva potessero diventare streghe o sonnambule. Oggi non c’è più il senso del buio, le notti sono contaminate da troppe luci. L’avvento dell’energia elettrica ha cancellato la dimensione magica della notte e le creature fantastiche che la popolavano. E come il buio, anche il silenzio regnava padrone in quelle notti, si potevano udire suoni o rumori provocati anche da grande distanza che andavano lacerando la quiete. Suoni che facilmente divenivano urla, grida che venivano attribuiti a miste- riose creature metà uomini metà animali, con occhi di vetro, unghie come artigli, lunghi capelli e peli su tutto il corpo: il lupo mannaro. Pericoloso era passare nei pressi dei fossi nelle notti di luna piena, poteva capitare d’incontrare un uomo-lupo che cercava di placare il calore e il dolore sprigionati dal suo corpo rotolandosi nel fango, nei pantani, nei corsi d’acqua stagnante. In molti lo ricordano ancora, quello che capitò ad Elda, l’ultima delle lavandaie di Pretola, la donna che lavava i panni dei signori perugini lungo le acque del Tevere. Quella sera s’era attardata insieme alla Liliana a risciacquare sul fosso, le lenzuola dei carabinieri di Ponte Valleceppi, quando giunsero alle sue orecchie delle grida e una forma indistinta sbatteva violentemente contro l’acqua alzandola, sbatteva, sbatteva... Le due giovani si fecero di pietra, intanto l’uomo nel fosso si calmò e, come niente fosse, passò davanti a loro e procedette verso il fiume. L’Elda incontrava spesso quell’uomo del paese, nel viso e nelle mani sempre stroncicato e pieno di lividi, che le incuteva tanta paura lungo la corta, il sentiero che congiungeva Pretola al centro della città di Perugia (...) tutti in paese dicevano che era un lupo mannaro. (Testo liberamente tratto da G. Vinti, I racconti del focolare, ali&no editrice 2012, 31 www.alienoeditrice.net)