Scopri la nuova idea
di birra alla spina
il SALOTTO del VINO
Nelle notti di Natale un buon vin brulé
che scalda il cuore
Freschezza inalterata dal birrificio al bicchiere
grazie all’innovativa tecnologia DraughtMaster™.
di Alessandro Maurilli, giornalista enogastronomo
Freschezza inalterata
dal birrificio al bicchiere
Fusto in PET
riciclabile
Minor impatto ambientale
60 litri di birra spillati
dai nostri fusti in PET
contribuiscono alla
riduzione dell’effetto
serra quanto un albero
in un anno di vita*.
Mai più CO2
aggiunta
* Vs. fusti in acciaio. Fonte: elaborazione dei dati EPD 31.12.2011. www.environdec.com
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www.drinkdifferent.net
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www.carlsbergitalia.it
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www.beviresponsabile.it
È per eccellenza il vino della convivialità, conosciuto in Italia soprattutto al
nord, nei vari mercatini dell’Avvento. Il
Vin Brulé è diventato ormai un elemento
immancabile delle festività natalizie (anche se oggi il suo consumo si protrae
fino al Carnevale). Se nella storia più
recente è un vino utilizzato soprattutto
dai popoli della Mitteleuropa (Germania
e Austria in testa) per scaldare il corpo
durante le giornate più fredde, tuttavia
la sua storia rimanda a una bevanda
simile, ma servita fredda. Nel Medioevo
infatti i monaci francesi usavano consumare quello che veniva chiamato l’Ippocrasso, una bevanda a base di vino al
quale venivano aggiunte delle spezie. In
Francia era anche chiamato “il vino dei
poeti di strada”, lo si ricavava spesso da
una materia prima scadente e le spezie
servivano a coprirne sapori poco nobili.
Utilizzata come corroborante, disinfet-
tante e riscaldante, questa bevanda, che in Germania prende
il nome di Glühwein, in Francia
Vin chaud, Mulled wine in Gran
Bretagna, oggi ha raggiunto il
suo ruolo di vino dell’amicizia.
Tuttavia c’è ricetta e ricetta. Se
nei paesi anglosassoni si utilizzano solo basi di vino rosso, in
Alto Adige esiste anche la variante su vino bianco (elemento
d’influenza austriaca). In Romagna c’è la tradizione del Bisò, un
Vin Brulé che ha come base il Sangiovese. La ricetta delle spezie è “segreta”
e cambia da un posto all’altro, anche se
cannella e chiodi di garofano non possono mancare.
La ricetta
Non esiste una ricetta più originale di
un’altra. Per vicinanza usiamo fare quella che ci raccontano i malgari dell’Alto
Adige e del Trentino. La base deve essere un vino abbastanza neutro come
sapore, niente di particolarmente strutturato. Si comincia dunque la cottura a
fuoco basso aggiungendo zucchero,
cannella, anice stellato e chiodi di garofano (le dosi sono in base al proprio gusto), ma anche altre componenti aromatiche, come scaglie di bucce di agrumi.
Il tempo di cottura è variabile, dall’ebollizione in genere non più di trenta minuti.
Va gustato fumante.
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