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Trent’anni. Spesi bene
Trent’anni. Spesi bene
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essenziale introduzione, vuol tracciare una storia dell’alimentazione ripercorrendone le linee attraverso l’analisi del rapporto che il corpo umano ha avuto con il cibo e mostrando come questo legame sia stato trasformato dalla tecnologia alimentare – dal consumismo in senso laterale alle varie metafore sotto cui si nasconde e insidia – sotto le vesti del consumismo – la pratica felicità di un bambino. Felicità fatta di gioco e negata dai giocattoli; fatta di piacere d’indossare quel che si vuole e negata dalle etichette e dalle fibre dei tessuti messi in circolazione dalla moda; fatta di propensione al ricambio dei prodotti e negata dalle manipolazioni grafico-tipografico-linguistiche della pubblicità. Un cattivo (pessimo?) consumo è quello che generalmente si dà dell’ambiente circostante: ecco la terza sezione della mostra che illustra come si può lottare contro sprechi, inquinamento, fronteggiare l’esaurimento delle materie prime. La stessa devastazione dell’habitat, stavolta rintracciata sul corpo dell’essere umano, è quella messa in luce nella sezione conclusiva dell’itinerario: dove si vede come bevande alcoliche, fumo, droga e, allo stesso titolo le tanto ‘sicure’ e rassicuranti medicine, facciano di uno stato di salute psico-fisico un ricordo forse di tempi passati”. Le animazioni rappresentano la parte viva della manifestazione, quella in cui si instaura un rapporto a due vie con i visitatori. «La carta vincente – dice Pattini – perché improntate, alla maniera francese, alla didattica attiva, con la forte partecipazione dei ragazzi su una serie di parole chiave: fare la spesa, la moda, i pericoli in casa, eccetera». I giovani sono invitati a partecipare a una serie di giochi, di simulazioni, di discussioni e a diventare protagonisti del loro svolgimento, sotto
la guida di animatori a questo preparati. Gli argomenti riflettono in gran parte quelli della mostra quali ad esempio Il supermercato, ovvero saper fare la spesa. Viene ricreato in dimensioni ridotte l’ambiente del supermercato, i ragazzi divisi per gruppi sono invitati a fare la spesa in base a liste predisposte. Arrivati alla cassa gli studenti trovano gli animatori che analizzano la spesa considerando le calorie, il costo, la data di scadenza... È un’idea così geniale che, anni dopo, si pensa di utilizzare i supermercati veri per le animazioni con i ragazzi. Farsi un giocattolo con poco è facile suggerisce l’idea di un giocattolo domestico, fatto con le proprie mani e senza alcun costo. Cosa c’è dentro la scatola? (l’immagine del prodotto) è articolata in due momenti: il primo consiste in un semplicissimo test chimico per riconoscere la presenza di coloranti nelle bevande. Il secondo è uno studio dei singoli prodotti per insegnare ai ragazzi a leggere le etichette. E poi Il gioco dell’oca, Anatomia della pubblicità, La moda, il vestirsi, i tessuti… «Per ogni animazione – continua Pattini – si costituì un gruppo di lavoro che definiva i contenuti, le dinamiche, la struttura fisica, i materiali, la conduzione. Un gruppetto formato da addetti al settore delle varie cooperative e collaboratori esterni: animatori, dietisti, esperti. Con i responsabili di ciascun gruppo si monitoravano i lavori. Le Giornate di Modena hanno dato l’impronta alle successive, è lì che si è costruito il sapere e il saper fare per tutte le edizioni successive che poi hanno avuto aggiornamenti e miglioramenti. Lì nasce la figura dell’animatore Coop. Per tutte le edizioni c’era un gruppo di tirocinanti di altre coo-
ANNI ’80
Le Giornate dei giovani consumatori A Modena
Le Giornate dei giovani consumatori A Torino