Sulle orme del vescovo missionario trinitario (II)
La mia ammirazione per il Vescovo Di Donna era anche dovuta a mia madre, che era una terziaria appartenente alla congregazione di Mons. Di Donna. La fiducia che mia madre aveva per lui, unita alla sua profonda fede, erano tali che alla sua morte, ella mi portò con sé a vegliare in piena notte la sua salma, sebbene fossi afflitta da un persistente calo di voce. Erano le due di notte quando ci accostammo alla salma del Vescovo, protetta da transenne; col permesso degli addetti, a lungo da lei supplicati, mia madre riuscì a prendere la mano del defunto Vescovo e ad accostarla alla mia gola. Io rimasi particolarmente impressionata dal gesto di mia madre e da quell’ultima carezza. So solo che il malessere che spesso mi affliggeva non mi si presentò più e che oggi, all’età di 68 anni, mi posso ritenere graziata dalla santa carezza di Mons. Di Donna.
Questi episodi non vogliono essere il racconto della mia vita bensì essere l’espressione della gratitudine verso il Signore che mi ha dato la possibilità di conoscere una persona tanto semplice, quanto santa, il cui ricordo resterà saldamente inciso nel mio cuore, come in quello di tante persone che ebbero la fortuna di conoscere il Vescovo Di Donna.
Ricordo con grande piacere i numerosi incontri avuti con Mons. Di Donna. In molte occasioni, incrociandolo per strada, non esitavo a correre verso di lui e baciargli la mano. Lui, poi, si fermava spesso per dire qualche parola. C’è tuttavia, un episodio in particolare che mi è rimasto impresso. Mi trovavo in piazza Municipio e avevo comperato un fresco gelato, quando, di improvviso, lo vidi arrivare. Tutti i bambini lì presenti si avvicinarono, cercando un saluto, un gesto di affetto. Mons. Di Donna, tra quei ragazzini, scorse anche me, alquanto imbarazzata e timorosa. D’un tratto mi chiamò a sé, mi mise la mano in testa chiedendomi se il gelato che stavo mangiando fosse buono. Non ricordo con esattezza l’anno di questo incontro, ma forse si trattava del 1948, anno in cui ha ricevuto la Cresima mia sorella Tina.
Proprio in quell’occasione volge un altro ricordo: era vestito di bianco, piccolo di statura, ma grande nel suo modo di approntarsi alla celebrazione. Ricordo in particolare una processione del venerdì Santo, quando portava la Sacra Spina, camminando a piedi nudi e mostrando, in ciò, tutta la sua devozione. Per tutti questi episodi, non posso che ringraziare il Signore per avermi concesso la possibilità di conoscere un Uomo così grande e misericordioso, il cui ricordo rimarrà per sempre nel mio cuore.
Suor Eulalia Di Palma
Suora Trinitaria
La pagina di Mons. Di Donna
Di Don Carmine Catalano
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