Comunicare l'Archeologia. Metodo ed esperienze. | Page 29
Cap. 7
L'INTERVISTA
Almalinda Giacummo
sembrano trovare considerazione solo pochi,
noti, prestigiosi reperti. Perché cultura e bene
archeologico non sono unicamente il grande
vaso del celebre pittore o la statua bronzea
danzante ma anche la lucerna fatta da una
semplice matrice o la necropoli di alcuni
uomini e donne che sono vissuti con le poche,
semplici cose che li hanno poi seguiti nella
tomba.
Chi sono i testimoni dell'Archeologia?
Come si fa un'intervista
Spesso le persone mi incrociano per strada:
sono una donna, vestita da assomigliare più
ad una cipolla e sporca di terra allo stesso
modo. Insomma, sono un’archeologa.
Redigere un'intervista presuppone un
meticoloso
lavoro
di
progettazione:
innanzitutto
bisogna
conoscere
l’interlocutore, cosa fa, da dove viene, come si
muove nel suo lavoro, cosa ha scritto, meglio
se si conoscono anche alcune sue abitudini o
il suo ambiente.
La gente mi chiede sempre se io dipenda dalle
“Belle arti”, salvo dover loro spiegare che non
solo non dipendo da nessuno, poiché
costituisco ditta individuale, ma che lo Stato
non ha esattamente stuoli di archeologi che
scavino, cataloghino, documentino e,
insomma, “curino” il nostro patrimonio
archeologico. La situazione è critica: le
Soprintendenze, organi che controllano e
tutelano direttamente il territorio, devono
preoccuparsi di far quadrare bilanci disastrosi
grazie alla dedizione di funzionari che operano
oltre i limiti del loro dovere, non di rado a
titolo gratuito, senza limiti di orario, magari
nel tempo libero. Spesso la soluzione risiede
nel ricorrere alla collaborazione con il
volontariato oppure nell’