Comunicare l'Archeologia. Metodo ed esperienze. | Page 17

Cap. 2 I LIMITI DELLA ARCHEOLOGICA COMUNICAZIONE Stefania D'Agostino Negli ultimi tempi l'archeologia sta tornando ad occupare le pagine dei giornali, ma il crescente spazio che viene dedicato a scoperte o a imprese sensazionali sembra averne fatto un nuovo filone di scoop di grande impatto sul pubblico, ma che finisce per svuotare di significato l'evento e per consumarlo in un breve lasso di tempo. Il recente caso del Lupercale (santuario in cui si svolgevano i riti religiosi dei Lupercalia, legato al mito della grotta in cui la lupa allattò Romolo e Remo) ha messo in evidenza i limiti riscontrabili nella comunicazione archeologica, sia per il modo in cui gli archeologi si rapportano alla gente, sia per il risvolto negativo che si può avere quando, a comunicare l'archeologia, sono i giornalisti non specialisti in questa materia. In un primo momento, infatti, il successo riscosso dalla notizia del presunto ritrovamento del Lupercale fu dovuto senz’altro alla notorietà della leggenda a cui esso si lega, ma anche al modo in cui i giornalisti l’hanno abilmente presentata, esaltando l’aspetto emozionale del rinvenimento, sicuramente più accattivante delle notizie tecniche. Nonostante il risalto dato inizialmente alla notizia dalla stampa e dalla televisione, dopo poco tempo, però, è calato il silenzio. È vero che l’argomento era stato praticamente esaurito, ma forse il motivo reale è che quando gli archeologi hanno cominciato a comunicare attraverso i giornali senza la mediazione dei giornalisti, le pagine dei giornali sono state trasformate in abbottonate pubblicazioni scientifiche che hanno gradualmente distolto l'attenzione della gente. I limiti degli archeologi, per di più, sono apparsi ancora più evidenti in seguito, quando - placatosi il clamore della scoperta hanno fatto dei giornali un terreno di polemiche e discussioni che potevano essere seguite solo da esperti, non tanto per l'impiego di una terminologia specifica che, anzi, hanno cercato di evitare, quanto per l'utilizzo di raffinati riferimenti storici e topografici che sfuggono alla maggior parte delle persone. Purtroppo, il mondo dell’archeologia, almeno in Italia, raramente ha prodotto grandi comunicatori e questa constatazione la faceva all'incirca cinquant'anni fa anche Bianchi Bandinelli, il quale ricordava come gli archeologi italiani, in passato, pur avendo effettuato importanti scavi, non si fossero poi preoccupati di divulgarli. Il romanzo “Civiltà sepolte”, scritto più di mezzo secolo fa da C. W. Ceram, un giornalista tedesco appassionato della materia, spiegava, appunto, le grandi scoperte dell’archeologia, mescolando i dati scientifici alle fatiche, alle intuizioni e alle emozioni degli archeologi che le eseguirono. Un risultato perfetto! Questo romanzo aveva individuato una giusta formula nel mondo della comunicazione archeologica, sviluppando una narrazione avvincente e al tempo stesso reale che, però, non è mai stata seguita dagli archeologi e, invece, ancor oggi, nel caso del Lupercale, poteva dimostrarsi attuale. 16