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Questo percorso dovrebbe chiamarsi Semplicità, visto che esistere è semplice anche se basato su una enorme complessità.
La complessità non ci compete, compete a Dio cioè all’espandersi dell’onda di Vita che attraversa l’universo, a noi può essere gradito e utile addentrarci in essa per avere una prospettiva sempre più ampia della vastità a cui apparteniamo, ma agire per vie complesse ci spinge in vicoli ciechi, raffinati e precisi ma ciechi.
La complessità, come la trama di un tessuto assai elaborato, intesse infiniti fili per originare il disegno di cui siamo parte. Se riusciamo ad appartenere a questo disegno percependone in modo microscopico e individuale la perfezione, accediamo automaticamente alla perfezione della trama.
La scienza ci insegna cose che religioni e filosofie antichissime hanno detto con altre parole. Un esempio tratto dai ricordi del catechismo e assolutamente incompreso allora.
Gesù viene avvicinato da alcuni con lo scopo di coglierlo in fallo. Portano una cosiddetta peccatrice: la condannerà? Si arrogherà questo diritto? E se non la condanna è dunque connivente al peccato?
Gesù appare distaccato, non risponde e traccia segni col dito nella polvere del terreno. Nel gruppo si chiedono cosa scriva: forse sono i peccati della donna, o sono frasi delle sacre scritture per rispondere al quesito, o la formula per assolverla, o?
Si avvicinano e vedono che sono solo disegni sulla polvere, è forse disinteresse? Gesù alza gli occhi e le chiede: Sei pentita? Lei risponde di sì e lui le dice “sei libera”, senza dare una vera risposta alla domanda trappola.
Cosa ci insegna? È una descrizione della guarigione quantistica, che avviene in un istante. Ci chiede (ci chiediamo): ti dispiace di aver calpestato la tua vita nei modi in cui l’hai fatto? Se la risposta è Sì, la guarigione è avvenuta, non c’è nulla da spiegare, ammettere, promettere.