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Il degrado del suolo e il dissesto idrogeologico
sono fenomeni in aumento a livello globale,
con trend in accelerazione dovuti all’attività
umana e alla crescente urbanizzazione (è da
ricordare che, nel 2007, per la prima volta
nella storia, la popolazione delle aree urbane
ha superato quella delle aree rurali).
La promozione di una cultura operativa della
sostenibilità e della prevenzione dei rischi
naturali e climatici trovano in alcuni territori,
come l’Italia, un alveo d’elezione. L’Italia è
infatti seconda nel mondo solo a Cina, Giap-
pone e ai Paesi del Centro-Sud America per
rischio ambientale. Nel nostro Paese l’88,3%
dei Comuni (7.145) sono a rischio frane e/o
alluvioni e 7 Regioni (Valle d’Aosta, Liguria,
Emilia Romagna, Toscana, Marche, Molise e
Basilicata) hanno il 100% dei Comuni interes-
sati al fenomeno del rischio idrogeologico. A
queste, si aggiungono Calabria, Provincia di
Trento, Abruzzo, Piemonte, Sicilia, Campania
e Puglia con una quota di Comuni interessati
maggiore del 90%.
Sostenibilità e difesa del territorio sono quindi
elementi imprescindibili di una nuova fase di
sviluppo dell’Italia, ma anche una opportu-
nità concreta di sviluppo industriale che il
nostro Paese può cogliere, posizionandosi
in un mercato che, a livello globale, nel solo
segmento del monitoraggio ambientale, vale
oltre 30 miliardi di Dollari all’anno, arrivando ad
oltre 500 miliardi per il comparto delle clean
technology, con tassi di crescita a due cifre.
Questi mercati sono spinti anche da politiche a
livello europeo ed internazionale che puntano
a creare una visione comune e intraprendere
azioni coordinate per agire contro i cambia-
menti climatici e ridurre il danno economico
anche attraverso misure di mitigazione decli-
nate sui principi di prevenzione e correzione
dei danni.
Agire in tal senso implica sviluppare compe-
tenze e tecnologie di frontiera che sottendono
filiere economiche, produttive, scientifiche e
di servizio ad ampio spettro: nuovi materiali,
ingegneria naturalistica, edilizia, nuovi sistemi
di controllo ambientale, droni, nanotecnologie
per le bonifiche, ecc.
Figura 1. La mappatura delle situazioni di
rischio idrogeologico dell’Italia.
Fonte: ISPRA, 2015
Nel mondo diversi Paesi stanno puntando a
creare nuova crescita e occupazione in questi
campi. In Austria, ad esempio, il fatturato di
prodotti e servizi per l’ambiente supera i 40
miliardi di Euro, oltre l’11% del PIL nazionale,
con oltre 174mila occupati (il 5% del totale). Il
Giappone, da decenni, è tra i Paesi leader nello
studio e commercializzazione delle tecnologie
per la prevenzione al rischio idrogeologico e
sismico.
Anche l’Italia ha degli asset da valorizzare. Ad
esempio, la Liguria ha importanti competenze
industriali e di ricerca, grazie alla presenza
di un Distretto Tecnologico, di quattro Poli di
Innovazione, due Cluster Tecnologici Nazio-
nali, dieci Dipartimenti Universitari, dieci Istituti
del CNR, il Distretto Ligure delle Tecnologie
Marine – il maggiore polo in Italia che collabora
con Marina Militare Italiana e il NATO Undersea
Research Centre – e la specializzazione nelle
telecomunicazioni e nell’elettronica.
Grazie anche alle sinergie offerte dall’ENEA,
l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcano-
logia e la Fondazione CIMA, si sono sviluppati
strumenti di monitoraggio ambientali all’avan-
guardia, per tutelare il territorio dalle calamità