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CITY LIFE MAGAZINE N.19
E nei giorni seguenti sui giornali si sono
rincorsi i commenti che salutavano la fine
di un certo provincialismo secondo il quale
“piccolo è bello” e in molti si sono affrettati
a salire sul carro del (quasi) vincitore che
assumeva di volta in volta le sembianze
dell’amministrazione accorta e coraggiosa,
dell’incredibile successo dell’Italia che
riparte da Expo 2015, della borghesia
lombarda illuminata e sobria che ritrova il
suo orgoglio di classe dirigente e così via.
Ma una settimana dopo ecco la doccia
fredda, rappresentata dall’analoga
classifica pubblicata dal giornale
economico concorrente Italia Oggi. Milano
è al quarantanovesimo posto e perde
ben tredici posizioni rispetto all’anno
precedente.
Nessuno dubita della serietà professionale
degli autori dei due studi, ma una differenza
così eclatante non può passare inosservata
e induce una riflessione seria su rating
e ranking che riguardano ormai molti
aspetti della nostra vita: dai ristoranti alle
scuole, dai vini alle prestazioni sanitarie,
dall’affidabilità del credito al livello di
“smartness” delle città.
Sul primo di questi due ultimi punti giova
ricordare che fino a sei giorni prima del
collasso di Lehman Brothers nel settembre
del 2008 l’agenzia di rating Standard &
Poor’s confermò il giudizio “A” mentre
l’agenzia Moody andò oltre declassando
Lehman solo un giorno prima.
Sul secondo invece osservo che la
classifica Smart City a cura di iCity lab
(http://www.icitylab.it) colloca Milano
saldamente in testa con 771 punti, Trento
al quindicesimo posto con 462 e Bolzano
al trentunesimo con 402 punti. La lettura di
questi dati incrociata con le due classifiche
del Sole 24 Ore e di Italia Oggi, potrebbe,
per ragioni diverse, ingenerare il dubbio che
non vi sia poi così tanta correlazione tra
l’essere una smart city e offrire una buona
qualità della vita ai propri cittadini.
Nell’esaminare un sistema qualsivoglia di
rating e di ranking, e certamente ancor di