EDITORIALE
“Non ci sono più le stagioni di una volta!”.
ia nonna, quando arrivava la primavera, immancabilmente
rispolverava questa frase che temo venisse detta anche
dai suoi nonni e oltre ancora. Ben sappiamo che il clima si è
sempre modificato negli anni, anche se su una scala temporale
molto lunga e quindi mediamente non percepibile. Devo però
ammettere che nei miei sessantanni di vita ho notato delle
indubbie variazioni climatiche almeno per quanto riguarda la
mia città di origine e di residenza che è Milano. La capacità
di rilevamento e misura che abbiamo oggi a disposizione ha
permesso di monitorare con continuità e precisione l’evoluzione
climatica, che abbiamo cominciato a riconoscere anche a livello
individuale, indice inequivocabile che qualcosa di sostanziale
è cambiato intorno a noi. Negli ultimi cent’anni il fabbisogno di
energia e la conseguente emissione di CO2 ha creato uno squilibro
nell’atmosfera assolutamente nuovo e ancora non sufficientemente
controllato. Poche settimane fa a Parigi si è svolta la conferenza
mondiale sui cambiamenti climatici avente come tema centrale il
contenimento dell’aumento della temperatura terrestre. Ulteriori
variazioni di clima potrebbero avere un impatto irreversibile sul
nostro pianeta e conseguentemente sull’uomo. Il risultato è stato
un accordo che vede protagoniste tutte le nazioni, al fine di ridurre
sistematicamente le emissioni di gas tossici e centrare l’obiettivo
di limitare l’aumento della temperatura a non oltre 1,5 gradi
centigradi. Questo significa puntare con maggior determinazione
sulle fonti di energia rinnovabile (sole, vento, acqua, biomasse...),
ma anche e soprattutto ridurre i consumi energetici, ovvero
modificare il nostro modus vivendi sia a livello professionale che
privato. Non c’è più tempo per rimandare un’azione congiunta,
non