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PSYCHOHISTORY
Isaac Asimov si è sempre mostrato
anticipatore dei progressi della scienza.
In cinque storie brevi apparse tra il
1942 e il 1944, raccolte poi nel 1951 nel
romanzo “Foundation”, introdusse una
nuova scienza, chiamata Psychohistory.
Tale scienza combina storia, sociologia e
statistica per giungere a previsioni future
sul comportamento aggregato di vaste
popolazioni. Il suo fondamento é che,
se é vero che non si possono prevedere
le azioni di un singolo individuo, le leggi
della statistica applicate a grandi gruppi
di persone possono predire il flusso
generale degli eventi, esattamente come
per le molecole di un gas. Ma l’inventore
di tale scienza, Hari Seldon, fissa due
assiomi. Il primo è che la popolazione cui
si applica il modello sia sufficientemente
grande e il secondo che la popolazione
non venga mai a conoscenza del modello
e delle sue previsioni.
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consapevolezza dei criteri e metodi di raccolta e delle possibilità di manipolazione”.
Curiosamente quel convegno ha avuto di
recente un seguito, credo assolutamente
inconsapevole, in un bel blog del Wall Street
Journal, http://blogs.wsj.com/numbers/
Dunque la diffusione di Big Data e Data
Analytics e il gran parlare che se ne fa sono
nuovi nella dimensione del fenomeno ma non
certo nella comprensione delle difficoltà intrinseche a fare un buon uso di tali dati e dei modelli che li devono trasformare in ultima analisi
in informazioni e strumenti decisionali. Per
buon uso si intende qui sia efficace che etico.
Sul primo punto Paul Roehrig and Ben Pring,
Co-directors Cognizant’s Center for the Future of Work, hanno pubblicato in collaborazione proprio con Oxford Economics un
lavoro interessante dal titolo “The Value of
Signal (and the Cost of Noise)” che chiarisce
e quantifica in modo netto le grandi opportunità che derivano dall’uso appropriato dei Big
Data e allo stesso tempo le trappole nascoste
nel rumore di fondo. In particolare sono molto
interessanti le storie reali analizzate, derivate da un intenso lavoro di interviste che ha
riguardato più di 300 società.
Sul secondo punto cito volentieri alcune frasi,
quelle che più mi hanno colpito, tratte dal
Manifesto Grafico “Data will help us” di Jonathan Harris, che chiude il percorso logico e
fisico della mostra Bing Bang Data:
“I dati ci aiuteranno a ricordare ma ci consentiranno di dimenticare? (…) Aiuteranno i
fisici a trovare la ‘Particella di Dio’ in un super
acceleratore ma ci aiuteranno a trovare un
accordo su Dio? (…) Aiuteranno gli urbanisti
a sviluppare ‘città intelligenti’ ma cosa nesarà
delle nostre città? (…) Aiuteranno i motori di
ricerca a sapere quanto di frequente le persone cerchino la parola ‘amore’, ma aiuteranno
le persone a trovarlo? Ci aiuteranno a continuare a contare ogni occorrenza della nostra
vita, ma ci aiuteranno a capire che non ogni
cosa che conta nella nostra vita può essere
contata? Ci aiuteranno a vedere il mondo
così come è, ma ci aiuteranno a vedere il
mondo come potrebbe essere?”