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CITY LIFE MAGAZINE N.16
I detrattori di tale impostazione sostengono
che essendo l’AU di gran lunga il principale
compratore sulla borsa italiana dell’energia
(IPEX) va a condizionare operatività e margini
di profitto degli altri operatori, specie quelli
piccoli ed i traders, che si ritrovano con minor
opportunità di lucro.
In effetti dei quasi 29 milioni punti di
prelievo (utenza complessiva) del mercato
elettrico, solo il 25% circa ha optato per il
mercato libero (pari al 29% dell’elettricità
totale); la rimanente parte è finora rimasta
nel servizio di maggior tutela. Si faccia
attenzione a un punto chiave: per un utente
appartenente al “tutelato” il proprio fornitore
formale, generalmente il distributore locale,
in primis ENEL con quasi i tre quarti del
dispacciamento “tutelato”, non ha alcuna
rilevanza, in quanto questi gli pratica i prezzi
che l’AEEGSIha stabilito trimestralmente.
Dunque il consumatore è indifferente al
proprio fornitore che, in questo regime,
non ha alcun modo per mostrare le proprie
capacità o mancanze, essendo tutte le altre
voci del dispacciamento disciplinate nei modi
e nei prezzi dalla normativa dell’Autorità;
il massimo che un fornitore possa fare è
cercare di convincere il cliente a passare
al mercato libero nel quale può praticargli i
propri prezzi, generalmente un po’ più bassi
di quelli del “tutelato”, ma molto più volatili. In
sostanza, tenendosi il regime tutelato si paga
l’energia un po’ di più, ma si evitano variazioni
pesanti e soprattutto improvvise.
Nel suo insieme quest’impostazione un po’
macchinosa potrebbe sembrare un’anomalia
del normale funzionamento del mercato
concorrenziale; ma, a ben vedere, per le
condizioni presenti oggi in Italia, è la migliore
soluzione e – come scopriremo fra poco – è
oggetto di analisi anche di altre Authority. Il
nodo del contendere è duplice: da una parte
il livello di concorrenza effettiva nel mercato
italiano; e, dall’altro, la presenza dell’AU col
regime di maggior tutela, ritenuta a tal punto
ingombrante da distorcere la funzionalità
ARTICOLI
concorrenziale del settore.
In ordine al primo punto l’incongruenza
che balza agli occhi dalla bolletta è che
la parte denominata “servizi di vendita” –
l’attuale oggetto del contendere – è pari al
44,6%. Pertanto, nel richiedere maggiore
concorrenza e funzionalità di mercato
ci si accanisce su una parte minoritaria,
trascurando invece tutti gli altri oneri del
sistema, a cominciare dagli extracosti delle
rinnovabili, e dalle esagerate pretese dello
Stato rapace (che riesce ad applicare l’IVA
sulle accise!).
Se si intervenisse su quest’ampio fronte ci
sarebbero certamente margini di profitto
e spazio d’ingresso per nuovi fornitori e
traders. Quest’ultimo è un punto decisivo: la
concorrenza di mercato, lato offerta, viene
data dalla facilità ed onerosità d’ingresso
e di uscita degli operatori dal mercato;
questa, nei settori dei servizi a rete (network
business)dove i costi d’ingresso dati dalla
partecipazione alle infrastrutture sono assai
elevati, è molto limitata, riducendosi il numero
dei soggetti importanti.
Peraltro, il mercato non parte da zero, né in
condizioni di equità e uguaglianza sportiva,
come le Olimpiadi, dove la prestazione
avviene per categorie omogenee. Al contrario
qui si hanno 3-4 soggetti principali, con
un leader, l’ex monopolista pubblico, che
da soli controllano ben più della metà del
mercato (price makers). Pertanto, se anche
sparissero il regime di maggior tutela e
l’AU fosse ridimensionato nei compiti e
funzionalità, gli eventuali nuovi concorrenti
che entrassero in gioco (price takers)
non si metterebbero mai a contrastare le
majors del settore, ma configurerebbero
un’offerta in analogia con quelle già presenti.
La vera concorrenza esiste solo quando
fra soggetti della stessa grandezza c’è
un’ampia numerosità, e questa, vistigli alti
costi d’ingresso, la modesta dimensione del
mercato italiano e le strozzature operative
(transiti dei flussi) e organizzative (diversità di
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Composizione percentuale del prezzo
dell’energia elettrica per consumatore tipo
(3KW di potenza impegnata e 2700KW di
consumo annuo)
fonti di approvvigionamento nei singoli Stati)
nel mercato europeo, non solo non è stata
ancora raggiunta, ma necessiterà di almeno
un altro decennio per maturarsi.
Il secondo punto concerne la supposta
concorrenza sleale che l’Acquirente Unico
praticherebbe nell’esercizio della sua funzione
pubblica. A una prima analisiun simile giudizio
appare come un’evidente contraddizione:
l’AU opera con criteri di economicità e
trasparenza – come una normale società di
mercato tant’è che ha ricevuto il “nulla osta”
della Commissione Europea nel 2012 – in un
settore di mercato del tutto regolamentato,
e i risultati delle sue attività sono pubblici.
Pertanto in cosa starebbe la supposta poca
concorrenza in un simile operato? Nel fatt