City Life Magazine 16 | Page 24

24 CITY LIFE MAGAZINE N.16 I detrattori di tale impostazione sostengono che essendo l’AU di gran lunga il principale compratore sulla borsa italiana dell’energia (IPEX) va a condizionare operatività e margini di profitto degli altri operatori, specie quelli piccoli ed i traders, che si ritrovano con minor opportunità di lucro. In effetti dei quasi 29 milioni punti di prelievo (utenza complessiva) del mercato elettrico, solo il 25% circa ha optato per il mercato libero (pari al 29% dell’elettricità totale); la rimanente parte è finora rimasta nel servizio di maggior tutela. Si faccia attenzione a un punto chiave: per un utente appartenente al “tutelato” il proprio fornitore formale, generalmente il distributore locale, in primis ENEL con quasi i tre quarti del dispacciamento “tutelato”, non ha alcuna rilevanza, in quanto questi gli pratica i prezzi che l’AEEGSIha stabilito trimestralmente. Dunque il consumatore è indifferente al proprio fornitore che, in questo regime, non ha alcun modo per mostrare le proprie capacità o mancanze, essendo tutte le altre voci del dispacciamento disciplinate nei modi e nei prezzi dalla normativa dell’Autorità; il massimo che un fornitore possa fare è cercare di convincere il cliente a passare al mercato libero nel quale può praticargli i propri prezzi, generalmente un po’ più bassi di quelli del “tutelato”, ma molto più volatili. In sostanza, tenendosi il regime tutelato si paga l’energia un po’ di più, ma si evitano variazioni pesanti e soprattutto improvvise. Nel suo insieme quest’impostazione un po’ macchinosa potrebbe sembrare un’anomalia del normale funzionamento del mercato concorrenziale; ma, a ben vedere, per le condizioni presenti oggi in Italia, è la migliore soluzione e – come scopriremo fra poco – è oggetto di analisi anche di altre Authority. Il nodo del contendere è duplice: da una parte il livello di concorrenza effettiva nel mercato italiano; e, dall’altro, la presenza dell’AU col regime di maggior tutela, ritenuta a tal punto ingombrante da distorcere la funzionalità ARTICOLI concorrenziale del settore. In ordine al primo punto l’incongruenza che balza agli occhi dalla bolletta è che la parte denominata “servizi di vendita” – l’attuale oggetto del contendere – è pari al 44,6%. Pertanto, nel richiedere maggiore concorrenza e funzionalità di mercato ci si accanisce su una parte minoritaria, trascurando invece tutti gli altri oneri del sistema, a cominciare dagli extracosti delle rinnovabili, e dalle esagerate pretese dello Stato rapace (che riesce ad applicare l’IVA sulle accise!). Se si intervenisse su quest’ampio fronte ci sarebbero certamente margini di profitto e spazio d’ingresso per nuovi fornitori e traders. Quest’ultimo è un punto decisivo: la concorrenza di mercato, lato offerta, viene data dalla facilità ed onerosità d’ingresso e di uscita degli operatori dal mercato; questa, nei settori dei servizi a rete (network business)dove i costi d’ingresso dati dalla partecipazione alle infrastrutture sono assai elevati, è molto limitata, riducendosi il numero dei soggetti importanti. Peraltro, il mercato non parte da zero, né in condizioni di equità e uguaglianza sportiva, come le Olimpiadi, dove la prestazione avviene per categorie omogenee. Al contrario qui si hanno 3-4 soggetti principali, con un leader, l’ex monopolista pubblico, che da soli controllano ben più della metà del mercato (price makers). Pertanto, se anche sparissero il regime di maggior tutela e l’AU fosse ridimensionato nei compiti e funzionalità, gli eventuali nuovi concorrenti che entrassero in gioco (price takers) non si metterebbero mai a contrastare le majors del settore, ma configurerebbero un’offerta in analogia con quelle già presenti. La vera concorrenza esiste solo quando fra soggetti della stessa grandezza c’è un’ampia numerosità, e questa, vistigli alti costi d’ingresso, la modesta dimensione del mercato italiano e le strozzature operative (transiti dei flussi) e organizzative (diversità di 25 Composizione percentuale del prezzo dell’energia elettrica per consumatore tipo (3KW di potenza impegnata e 2700KW di consumo annuo) fonti di approvvigionamento nei singoli Stati) nel mercato europeo, non solo non è stata ancora raggiunta, ma necessiterà di almeno un altro decennio per maturarsi. Il secondo punto concerne la supposta concorrenza sleale che l’Acquirente Unico praticherebbe nell’esercizio della sua funzione pubblica. A una prima analisiun simile giudizio appare come un’evidente contraddizione: l’AU opera con criteri di economicità e trasparenza – come una normale società di mercato tant’è che ha ricevuto il “nulla osta” della Commissione Europea nel 2012 – in un settore di mercato del tutto regolamentato, e i risultati delle sue attività sono pubblici. Pertanto in cosa starebbe la supposta poca concorrenza in un simile operato? Nel fatt