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CITY LIFE MAGAZINE N.12
tale base è stato così possibile costruire
6.000.000 di edifici che costituiscono la
colonna portante delle odierne periferie
cittadine. Tuttavia, tali costruzioni se confrontate
con gli standard di oggi sono dei colabrodo,
manchevoli di dispositivi per sicurezza sismica,
affetti da grandissima dispersione termica,
estremamente passivi alle sollecitazioni.
Nel complesso sono state realizzate se
non con povertà di materiali, certamente
in economia di mezzi. Evidentemente la
chiave di sviluppo per il rinnovamento delle
città e la loro trasformazione in smart, è
l’energia che oggi può nuovamente rendersi
disponibile: quantitativamente attraverso il
gas e nella economicità dei prezzi grazie
alle rinnovabili. È la componente della
tassazione che incide sul costo finale per
almeno 1/3 ad essere la principale zavorra
limitativa dello sviluppo. Gaetano Manfredi,
rettore dell’Università Federico II, ha posto
in evidenza con felice analisi, il connubio fra
connotazione dell’economia e della società e
quello dell’edilizia: così come oggi abbiamo
un’economia stanca e una società malata di
vecchiaia, abbiamo anche un’edilizia vetusta e
un’urbanistica malandata.
E se il parallelismo è vero, allora è possibile
pensare alla ripresa partendo proprio
dall’edilizia: la ripresa si avvia e decolla
ponendo al primo posto la centralità delle
costruzioni. In tale prospettiva si può godere di
un orizzonte temporale lunghissimo, di decenni,
impostando la rinascita economica e industriale
sulla città, specie in Italia.
In conclusione emerge come l’eccezionale
bagaglio culturale italiano, così chiaramente
figurativo e urbanistico sia stato ostativo nel
confronto con l’impetuoso sviluppo industriale
e motoristico del XX secolo, è però nella
Ricerca protesa all’evoluzione in chiave smart
della città che è possibile “rammagliare” il
logorato tessuto del caleidoscopico panorama
urbano italiano, tanto i centri maggiori della
pianura, quanto i piccoli, innumerevoli paesini e
paesotti affastellati sui crinali della Penisola, per
infondere loro nuova brillantezza e attualità.
E per realizzare tale ambizioso progetto, a ben
vedere, ci sono già tutti i requisiti tecnici e molti
di quelli economici, a cominciare dall’energia
disponibile in quantità abbondante e crescente.
Ma forse, per prima cosa, dovrebbe maturarsi
una visione del bene comune, quella stessa
visione che fu la scintilla da cui scaturirono
movimenti culturali come l’Umanesimo o il
Socialismo liberale del dopoguerra, dove al
centro dell’analisi era la persona umana e le
sue compagini, su cui veniva creato l’ambiente
circostante. Come ha evidenziato il ministro
dell’Ambiente Gian Luca Galletti nel corso degli
Stati generali contro il dissesto idrogeologico:
“… la prima battaglia che va fatta non è di
risorse, ma culturale per promuovere atti
responsabili da parte di tutti, sin dalla fase
di progettazione, proseguendo in quella di
costruzione e di verifica”.
Una nuova mentalità, una rinnovata moralità per
darsi un diverso e migliore modello di sviluppo.