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CITY LIFE MAGAZINE N.11
Quello che si sta pensando di fare in Giappone
è un’integrazione delle rinnovabili e non una
brusca sostituzione basata sulla priorità delle
FER che oggi, fra tecnologia disponibile, costo
degli idrocarburi e necessità da soddisfare,
testimonierebbe solo una pericolosa fuga in
avanti.
La spiegazione delle scelte governative
Vanno infatti tenute presenti alcune esigenze
economiche di base che vanno meglio a
spiegare la scelta del Governo.
Per cominciare, sul fronte gas, s’impone la
duplice necessità di contenere la dipendenza
del paese dal GNL e di diminuirne la spesa
che, dopo due anni e più di blocco sulle
centrali nucleari, sta diventando astronomica,
con inevitabili contraccolpi sulla produzione e
sui consumi. Inoltre, avendo già funzionanti le
centrali nucleari, se queste hanno superato
i test di sicurezza, è impensabile nel brevemedio periodo di non utilizzarle. Non si
dimentichi che come seconda potenza
industriale dell’Asia, il Giappone si trova a
dover appagare una fame energetica di oltre
1100 TWh annui, cioè qualcosa pari a poco
meno del 400% in più rispetto a quanto si
genera e consuma in tempi di crisi qui da noi,
quantità che le FER, con l’attuale tecnologia a
bassa densità energetica non sono, neanche
lontanamente, in grado di soddisfare nemmeno
per la parte di loro spettanza. Il compito
delle rinnovabili è quello di andare a coprire
negli anni a venire una quota aggiuntiva che
si potrebbe aggirare intorno al 10%; molto
dipenderà dalla combinazione, più o meno
felice, dei numerosi fattori che concorrono alla
crescita del settore (crescita economica e dei
consumi, tasso di sviluppo tecnologico, prezzi
degli altri vettori energetici ecc). In ogni caso
si tratta di un’aliquota di tutto rispetto se si
considerano le dimensioni di quel mercato e gli
handicap di partenza.
I successivi sviluppi ci diranno se il Governo
vorrà mantenere la barra del timone su questa
rotta di compromesso, ovvero accelerare
sulle rinnovabili, oppure riposizionarsi sulle
precedenti soluzioni. In chiusura, un’ultima
riflessione: l’intero progresso economico e
la correlata qualità della vita di una società
si basa sulla disponibilità energetica, ossia
sulla facilità ed economicità nello sfruttamento
delle risorse; pertanto l’indisponibilità delle
stesse anche per un periodo contenuto – ma
in realtà lunghissimo secondo i parametri
odierni, come un black-out di due o tre giorni –
provocherebbe il crollo politico e la successiva
anarchia, qualunque sia la causa che ha
provocato l’interruzione: politica, tecnologica
o economica. Pertanto la priorità di qualunque
governo è assicurare, sempre e in qualunque
condizione anche straordinaria – l’erogazione
energetica; in questa visione l’energia è
innanzitutto uno strumento politico perché
consente l’ordinata vita sociale.