UNIVERSO DONNE
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Ciampino Magazine - gennaio 2014
A cura di Loredana Trovalusci
PARLARSI, SENZA VEDERSI AL TEMPO DI
INTERNET
L’
abbiamo sentita spesso questa frase:”
Cosa dici? Faccio una telefonata o gli
scrivo un bigliettino? Meglio il biglietto
vero? Più formale forse, meno invadente...” L’
abbiamo fatto anche noi. Di fronte a mille eventi
della vita, quelli buoni e quelli tristi. Lo scrivere
era discrezione: non era un tenersi a distanza
ma certo era poco invadente.
Scrivere era un modo per dimostrarsi vicini
senza mettere in gioco la voce, le parole dette,
il corpo.
Perchè scrivere era una cosa, parlare un’ altra.
Inviare un bigliettino era un modo per esserci
senza la fisicità. Poi è arrivato il web, la scrittura
elettronica, la posta elettronica e via via le chat
e i social network. Scrivere non è era più una
scelta di vicinanza attraverso la discrezione
ma diventava qualcosa di diverso, di opposto
addirittura.
Uno studio sui rapporti personali attraverso le
mail dimostrava che il grado di confidenza tra
due persone attraverso la scrittura era decisamente più forte rispetto alla realtà.
La scrittura cancellava timidezze e barriere e
sfalsava la verità dei rapporti interpersonali. In
pratica quello che per secoli era considerato un
atto più formale del parlarsi si stava trasformando in un mezzo decisamente più confidenziale.
Il non mettersi in gioco fisicamente rendeva più
semplice il dialogo e faceva apparire tutti molto
meno timidi. Da quello studio sono passati molti anni e le occasioni di scrittura si sono moltiplicate fino ad arrivare al paradosso: oggi scrivere
è la norma e parlarsi cosa sempre più rara.
Persino nelle aziende si usano più volentieri
programmi di messaggistica per confrontarsi
piuttosto che alzarsi dalla scrivania per andare
a discutere con il collega della stanza accanto.
Per non dire poi dei corteggiamenti via messaggi o delle nuove conoscenze in chat.
Tutto questo però genera due paradossi: il primo è quello dei confini del corpo e il secondo
è quello del tempo perduto e non più trovato
di Proust. Le persone parlandosi senza vedersi
e senza stabilire i confini del corpo non hanno
idea del proprio territorio.
E’ qualcosa di ancestrale. Persone che parlano
in una stanza senza neanche saperlo stabiliscono i loro ruoli e i loro spazi. Ognuno siede in
un certo modo, si avvicina all’interlocutore in un
altro. Tutto ha una logica spaziale, gerarchica
e fisica.
Per non dire poi del tono della voce, delle pause tra le parole e di tutto quel corredo di comunicazione non verbale assente con la scrittura,
che non possiede queste sottigliezze e se le ha
vuol dire che è letteratura. E la letteratura può
anche dire la verità ma attraverso degli artifici
studiati e consapevoli: dunque per dire il vero
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ha bisogno di mentire.
Parlarsi non è solo un incontro nello spazio fisico della vita è anche un incontro nel tempo. Si
invecchia, si cambia, si dimagrisce e si ingrassa. Il modo di parlare è diverso e la vita passa
anche attraverso le vene delle nostre mani o
le rughe ai lati degli occhi. La confidenza di un
tempo viene vagliata nuovamente attraverso
mille dettagli e cambiamenti. Alle volte resiste...era come se ci fossimo rivisti dopo un giorno
e invece non ci incontravamo da anni...- ma
spesso ha bisogno di ritrovare i suoi punti
cardinali, il suo orientamento. La memoria si
confronta con il passare della storia