C mag Gennaio 2014 | Page 16

attualità 16 Ciampino Magazine - gennaio 2014 A cura di Loredana Trovalusci QUANDO OGNI SCONTRO TRA IDEE DIVERSE DIVENTA UN DUELLO N on è raro leggere sui quotidiani, tra le pagine di cronaca, di episodi di liti che finiscono in tragedia. E’ di qualche ora fa la notizia di una lite passionale finita in omicidio a Roma. Dai tempi della scuola, la letteratura ci ha educati alle liti passionali, tanto che fino a poco tempo fa ancora si concepiva il delitto d’onore. Quello che invece mi stupisce è leggere di un uomo russo che avrebbe sparato a un altro uomo russo per un diverbio sull’opera di Kant. Litigare per l’opera di Kant non è poi così diverso che litigare per un sorpasso indebito o un parcheggio rubato. Si mette sempre in gioco il puntiglio dell’offesa e anche la discussione intellettuale diventa un campo di battaglia in cui si diventa avversari e in cui uno deve sbaragliare l’altro. La contesa si scatena perché la conoscenza si trasforma in desiderio di primato e qualche volta di sopraffazione. In questo senso discutere su una cosa piuttosto che un’altra diventa inessenziale: essenziale diventa invece esercitare un potere, vincere una partita. Morale? La conoscenza non rende probabilmente migliori se non si trasforma in comprensione e se non muta profondamente le prospettive del dubbio e dell’accoglienza. Non ha imparato nulla di Kant chi spara per Kant come non ha imparato nulla sul Cristianesimo colui che in nome di Cristo schiavizza un altro essere umano. Sparare per Kant diventa così un vero e proprio paradosso: un bell’esempio di ciò a cui la cultura non dovrebbe mai condurre. Le manifestazioni dell’urlo catodico o dei social network ne sono la manifestazioni più volgari, la più esibita ed esibizionistica delle fiere vocianti e dell’incultura mediatica. Ma non mi basta: cerco di capire meglio. Tra le ragioni per cui la filosofia ha questo nome, una essenziale è che, per cercare la verità o per approfondire una conoscenza è necessario essere amici “ philoi” ma non nel senso di essere tutti dello stesso parere, perché i filosofi sanno che si ha “ dia-logo” solo se c’è contrapposizione di pareri. Tutte le parole greche che cominciano con “dia” segnano infatti la massima distanza come “dia-metro” che indica la massima distanza tra 2 punti di una circonferenza o come “dia-volo” che segnala la personificazione massima della distanza da Dio. Il dialogo non è quindi una cosa tranquilla, come solitamente si crede ma come diceva Eraclito è una guerra ( polemos) condotta però non per averla vinta sull’avversario ma per cercare, a partire da diversi pareri, la verità. Al punto che, scrive Platone a più riprese, se l’avversario adduce argomenti troppo deboli o insufficienti a sostenere la propria tesi, invece di approfittare per metterlo fuori gioco o umiliarlo occorre andargli in soccorso ( boetheia). Una della ragioni, anche se non la principale, per cui Platone riteneva che la politica dovesse essere affidata ai filosofi è nel fatto che i filosofi, a differenza degli eristici- coloro che non cercano la verità ma solo la sopraffazione dell’avversario- hanno in vista la verità e in politica il bene comune, piuttosto che non la difesa strenua della propria parte ( o del proprio partito) a prescindere da ciò che è meglio per la città. I talk show politici quindi sono una prova dell’atteggiamento eristico rispetto a quello filosofico in cui prevale l’inimicizia e la voglia di sopraffare l’avversario, piuttosto che la ricerca di ciò che sarebbe giusto fare pur partendo da posizioni distanti. E questo perché in televisione, come nei social network, non si “dialoga”. E non perché si sovrappongono le voci se non le grida ma perché ciascuno tratta l’altro non come interlocutore con cui discutere ma come pretesto per sopraffarlo onde riscuotere successo presso la platea. Questa è mistificazione: si finge di parlare con 17 il proprio interlocutore ma in realtà si parla al pubblico per mostrare la propria superiorità rispetto al proprio avversario. Ciò che si cerca non è dunque la verità ma la propria vittoria. E poiché in TV come nei social network non si può articolare un ragionamento a causa dei tempi ristretti e per l’impossibilità di riflettere prima, si procede per frasi ad effetto, slogan, dettati ipnotici, sicchè i talk show sono del tutto inutili perché non chiariscono le idee a nessuno ma si limitano a confermare nel pubblico le idee che già si possiedono a partire dalla propria appartenenza, analogamente direi lo sono anche le campagne elettorali.