attualità
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Ciampino Magazine - gennaio 2014
A cura di Loredana Trovalusci
QUANDO OGNI SCONTRO TRA IDEE DIVERSE
DIVENTA UN DUELLO
N
on è raro leggere sui quotidiani, tra le
pagine di cronaca, di episodi di liti che
finiscono in tragedia. E’ di qualche ora
fa la notizia di una lite passionale finita in omicidio a Roma.
Dai tempi della scuola, la letteratura ci ha
educati alle liti passionali, tanto che fino a poco
tempo fa ancora si concepiva il delitto d’onore.
Quello che invece mi stupisce è leggere di un
uomo russo che avrebbe sparato a un altro
uomo russo per un diverbio sull’opera di Kant.
Litigare per l’opera di Kant non è poi così
diverso che litigare per un sorpasso indebito o
un parcheggio rubato.
Si mette sempre in gioco il puntiglio dell’offesa
e anche la discussione intellettuale diventa un
campo di battaglia in cui si diventa avversari e
in cui uno deve sbaragliare l’altro.
La contesa si scatena perché la conoscenza
si trasforma in desiderio di primato e qualche
volta di sopraffazione.
In questo senso discutere su una cosa
piuttosto che un’altra diventa inessenziale:
essenziale diventa invece esercitare un potere,
vincere una partita. Morale?
La conoscenza non rende probabilmente
migliori se non si trasforma in comprensione e
se non muta profondamente le prospettive del
dubbio e dell’accoglienza. Non ha imparato
nulla di Kant chi spara per Kant come non
ha imparato nulla sul Cristianesimo colui che
in nome di Cristo schiavizza un altro essere
umano.
Sparare per Kant diventa così un vero e proprio
paradosso: un bell’esempio di ciò a cui la
cultura non dovrebbe mai condurre.
Le manifestazioni dell’urlo catodico o dei social
network ne sono la manifestazioni più volgari, la
più esibita ed esibizionistica delle fiere vocianti
e dell’incultura mediatica.
Ma non mi basta: cerco di capire meglio.
Tra le ragioni per cui la filosofia ha questo
nome, una essenziale è che, per cercare la
verità o per approfondire una conoscenza
è necessario essere amici “ philoi” ma non
nel senso di essere tutti dello stesso parere,
perché i filosofi sanno che si ha “ dia-logo”
solo se c’è contrapposizione di pareri. Tutte
le parole greche che cominciano con “dia”
segnano infatti la massima distanza come
“dia-metro” che indica la massima distanza tra
2 punti di una circonferenza o come “dia-volo”
che segnala la personificazione massima della
distanza da Dio.
Il dialogo non è quindi una cosa tranquilla,
come solitamente si crede ma come diceva
Eraclito è una guerra ( polemos) condotta però
non per averla vinta sull’avversario ma per
cercare, a partire da diversi pareri, la verità.
Al punto che, scrive Platone a più riprese, se
l’avversario adduce argomenti troppo deboli o
insufficienti a sostenere la propria tesi, invece di
approfittare per metterlo fuori gioco o umiliarlo
occorre andargli in soccorso ( boetheia).
Una della ragioni, anche se non la principale,
per cui Platone riteneva che la politica dovesse
essere affidata ai filosofi è nel fatto che i
filosofi, a differenza degli eristici- coloro che
non cercano la verità ma solo la sopraffazione
dell’avversario- hanno in vista la verità e in
politica il bene comune, piuttosto che non la
difesa strenua della propria parte ( o del proprio
partito) a prescindere da ciò che è meglio per
la città.
I talk show politici quindi sono una prova
dell’atteggiamento eristico rispetto a quello
filosofico in cui prevale l’inimicizia e la voglia di
sopraffare l’avversario, piuttosto che la ricerca
di ciò che sarebbe giusto fare pur partendo da
posizioni distanti.
E questo perché in televisione, come nei social
network, non si “dialoga”.
E non perché si sovrappongono le voci se
non le grida ma perché ciascuno tratta l’altro
non come interlocutore con cui discutere ma
come pretesto per sopraffarlo onde riscuotere
successo presso la platea.
Questa è mistificazione: si finge di parlare con
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il proprio interlocutore ma in realtà si parla al
pubblico per mostrare la propria superiorità
rispetto al proprio avversario. Ciò che si cerca
non è dunque la verità ma la propria vittoria.
E poiché in TV come nei social network non
si può articolare un ragionamento a causa dei
tempi ristretti e per l’impossibilità di riflettere
prima, si procede per frasi ad effetto, slogan,
dettati ipnotici, sicchè i talk show sono del tutto
inutili perché non chiariscono le idee a nessuno
ma si limitano a confermare nel pubblico le idee
che già si possiedono a partire dalla propria
appartenenza, analogamente direi lo sono
anche le campagne elettorali.