Oggi viviamo certamente in un periodo neo-barocco, lo testimoniano innumerevoli fattori. E’ un
periodo di entusiasmo tecnologico-scientifico, un periodo nel quale internet ha abbattuto ogni
distanza. E’ un periodo di predominio dei grandi monopolî e di rafforzamento delle entità statali
dominanti. E’ un periodo di crisi delle ideologie filosofico-politiche e di rafforzamento dell’ideale
estetico. L’apparire, mai come oggi, ha ricoperto un’importanza trasversale: i social network e la
costante propensione alla comunicazione effimera hanno riportato in auge l’idea settecentesca della
finzione legittimata. E’ un’età multistilistica e di contaminazione, è l’età dei contenuti shocking e del
primato polisensoriale, attestato dalla diffusione della tecnologia 3D.
La musica del Seicento e Settecento ha il grande pregio di interpretare o meglio descrivere alla
perfezione i contesti post-moderni nei quali è “immersa”. Sorprendente è l’eleganza eterea che
caratterizza il legame tra le note di Händel o Rameau e le vedute urbane odierne, a riprova del fatto
che la musica barocca sia certamente universale e senza dubbio attuale nel suo surrealismo retorico.
Affinché la magia del transfert spazio-temporale si verifichi, è però d’uopo che l’interpretazione
restituisca la purezza cristallina del suono, astratto, quasi atavico, scevro da ogni cristallizzazione
romantica, così come pensato dai compositori barocchi. Un suono senza tempo, tangibile ma etereo,
vero ma cangiante, le cui peculiarità confermano quanto il confine tra surreale ed iper-reale sia assai
labile. In questo risiede il nostro interesse filologico: non nella pretesa di ricreare un’esperienza
storicamente perfetta, impresa già in partenza velleitaria, ma nella volontà di offrire agli ascoltatori
quel caleidoscopio di “affetti” tanto cari all’estetica del tempo, attraverso i quali godere di una
proposta musicale autentica ma attuale, in breve “neo-barocca”.
Christian Frattima
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