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L a coltivazione della vite nella zona di S erso, V iarago, P ortolo e C anezza Alcune notizie storiche a cura di Marzio Zampedri in copertina: S. Giorgio acquerello di Ib Nielsen pagg. 2 - 3: la chiesa di S. Giorgio e la collina di Serso Probabilmente la coltivazione della vite è stata introdotta nel territorio dell’Alta Valsugana e di Serso, Viarago, Portolo e Canezza dai Romani. Sul sarcofago romano ritrovato a Levico è raffigurata una brocca ed a Calceranica è stato rinvenuto uno strumento per potare le viti. Anche il termine Montengian (col- lina morenica, posta fra i paesi di Serso e Viarago, coltivata a viti fino a pochi anni fa) potrebbe essere di origine romana. Il primo documento, conosciuto fino a questo momento, che parla della produzione di vino è del 1220. Nel 1220 venne compilato da parte dei Canonici della Cattedrale di Trento un urbario, dal quale risulta che gli abitan- ti di Portolo, Prato, Roveda e Zivignago dovevano consegnare allo Scario (funzionario addetto alla raccolta) «unum contium tridentinum de vino - due urne e mezza di vino - unum conzolum - quattro orne di vino…». Ogni due anni dovevano anche consegnare un carro di cerchi di legno di betulla per le botti. Anche nell’urbario del 1247 , riferito alla zona di Pergine, sono nominati dei vigneti: «…il vignale di Panadelo, dissodato da poco, e piantato a viti entro il recinto murato…». Nel 1250 alcuni abitanti di Serso, Portolo, Canezza, Prato, Roveda e Frassilongo dovevano pagare degli affitti al Vescovo di