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mani dell’ultima riunione dell’associazione, il cui direttivo pur diviso e largamente dimissionario è restato al suo posto, ha dichiarato: “ Dove è finito il tante volte sbandierato interesse per la ‘casa comune’ dei magistrati? … ciascuno dei gruppi pensa al proprio tornaconto elettorale e se ne infischia del pessimo spettacolo fornito ai magistrati e all’esterno”. La sensazione è che l’”autonomia” che si è andata evolvendo come contropotere è uscita dai binari ed è diventata quello che Cossiga paventava e cioè “potere indipendente” e non “ordine autonomo”. Sempre l’ex Presidente precisava ventitré anni fa: “È venuto il momento di dire con coraggio e sincerità, forte e chiaro, che il vero pericolo per l’indipendenza e soprattutto per il prestigio della magistratura deriva dalla sua politicizzazione”. Un potere che si è andato ampliando, arrivato ad esercitare una influenza sulla società civile, sull’opinione pubblica e sui mezzi di informazione. E questo spiega come anche rispetto al “caso Palamara” si è avuto quello che Paolo Mieli definisce una “rimozione”. All’inizio, infatti, solo il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro ha pubblicato parti salienti delle intercettazioni, riportando l’attenzione dell’opinione pubblica sullo stato della giustizia, nella linea tradizionale del centrodestra di critica per l’influenza che si ritiene venga esercitata sugli scenari politici. Il resto dell’informazione sembra considerare la questione come un problema di comportamenti personali ed espressione di opinioni sgradite ad una parte politica con, al massimo, qualche eccesso di normale lobbysmo associativo o di disorganizzazione degli uffici. Lo stillicidio delle notizie, incontenibile e devastante, però, non può, ormai, essere ignorato. Per la prima volta, un fronte di opinione più ampio comincia ad interessarsene. Anche a sinistra, finalmente, si muove qualcosa, non nel Pd da sempre a difesa del potere del Csm, ma in un ambito meno ortodosso. Piero Sansonetti ha, infatti, pubblicato una serie di articoli ad ampio raggio sul caso Palamara. Il direttore de Il Riformista è arrivato a porre una questione solo apparentemente provocatoria: “Visto che la magistratura ha dimostrato di non sapersi governare, non sarebbe giusto porla sotto un controllo democratico?”. Per la verità nel disegno di legge costituzionale d’iniziativa di Cossiga presentato a gennaio del 1997, il senatore spiegava che “in regime democratico anche la funzione giurisdizionale è una manifestazione della sovranità popolare e ha la sua legittimazione diretta e indiretta nel popolo, e del suo esercizio si deve poter essere chiamati a rispondere, direttamente o indirettamente, al popolo, anzitutto attraverso la soggezione esclusiva alla legge”. Certo, l’attuale governo ed in particolare il titolare di via Arenula appare inadeguato ad affrontare una crisi di tali dimensioni. Buonafede è già in difficoltà per la questione sollevata da Nino Di Matteo e della sua ipotizzata nomina al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, poi rientrata senza alcuna spiegazione e che ha prodotto ulteriori polemiche da parte del sindaco di Napoli ex magistrato De Magistris sulle vicende del processo sulla trattativa stato mafia. Non sembra scemare, poi, la risonanza mediatica per la circolare che ha innestato l’uscita di centinaia di pregiudicati. La “melma” di cui scrive Mieli rischia veramente di sommergere tutto. Le proposte legislative del Ministro per affrontare la riforma della giustizia e del suo organo di governo, da quello che può desumersi, sono inadatte ad affrontare alla radice i problemi che sono emersi. Occorrerebbe intervenire iniziando da quattro aspetti decisivi come suggerisce un articolo di Daniele Capezzone su La Verità: separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti; separazione anche tra due distinti Csm (uno per la pubblica accusa e uno per i giudici);abrogazione delle norme che consentono il distacco dei magistrati presso i vari ministeri a partire da quello della Giustizia; riduzione del Csm al suo alveo costituzionale evitando una deriva da “terza Camera” con pretesa di sovrapporsi a Parlamento e governo. E sulle nomine al Csm ricorrere ad uno strumento eccezionale: il sorteggio. Non desti perplessità: lo propose, a suo tempo Cossiga, e oggi ne ha parlato l’ex Ministro di Giustizia Claudio Martelli. Il disagio per la condizione della giustizia in Italia non appare solo una questione di ordine politico ed istituzionale. È tema che preoccupa i cittadini. Se ne è fatto interprete l’avvocato Franco Coppi criticando quelli che ritiene attacchi di autorevoli magistrati al principio della presunzione di non colpevolezza, costituzionalmente definito. “Purtroppo, il rischio di finire sotto processo oggi spaventa – ha detto – e, senza alcuna ironia, ha ricordato l’attualità dell’iperbole di un vecchio criminalista, Francesco Carrara che disse: “Se mi accusassero di aver rubato la Torre di Pisa scapperei immediatamente”. Lo attestano anche le parole di Rita Dalla Chiesa in un’intervista al Tempo nella quale dichiara di provare “grande tristezza e sofferenza”, aggiungendo: “Ho avuto l’onore di conoscere e frequentare magistrati come Falcone, Borsellino, Caponnetto, Costa, Terranova e Chinnici … questo che sta accadendo getta un’ombra su un’istituzione della nostra democrazia e sporca anche tutto il buono che esiste. P.S. Palamara espulso dall’Associazione nazionale magistrati (senza essere convocato) avverte: “non ho agito da solo” la PROPRIETÀ edilizia • Luglio 2020 | 17