di abiti dal sapore leggermente hippie che ne esaltano la valenza di liberalizzatore dei costumi improntato a una visione naturale del mondo e dell’uomo che porta necessariamente alla ribellione contro un potere ottuso e lontano dal popolo.
E proprio in questi dettagli sembra che l’intenzione della Cavani si avvicini a quella originale sofoclea e ad alcune delle rivisitazioni del secolo scorso e acquisti al contempo una sua credibilità: è particolarmente riuscita l’idea di rappresentare Antigone come una giovane adulta che del mondo sa poco e ancora può mantenere una visione idealistica, che diventa la spinta delle azioni di giustizia che compie senza mai dubitare della loro validità.
Perde però di spessore nel sostenere che da un lato solo possa stare la verità: un embrione di una visione più sfumata si ritrova nella figura di Creonte e del suo rapporto con figlio Emone, che però non è sviluppata se non in pochi minuti del film, rendendo l’analisi della situazione politica di quest’altra Tebe troppo semplicistica per un film che aspiri a dipingere un affresco più universale. E così anche la scelta dei temi da trattare (la ribellione a un potere centralizzato e la contrapposizione tra la legge naturale della compassione e quella statale votata al mantenimento dell’ordine ad ogni costo) si riduce notevolmente rispetto alle potenzialità molteplici offerte dalla tragedia di Sofocle.
La scelta del cast si inquadra perfettamente nel manierismo troppo ragionato che è caratteristica dell’intero film: Pierre Clementi nella vesti di Tiresia e la sensuale Bond Girl Britt Elkland, Antigone, lo completano con la loro recitazione dal tocco radical-chic, mentre gli attori che li affiancano sono personaggi sbiaditi che non lasciano impronte particolarmente marcate nella mente dello spettatore, soprattutto perchè in alcuni punti la teatralità dell’azione lascia poco spazio alla possibilità di realismo.
Ciò è perfettamente comprensibile considerato il periodo storico in cui è stato prodotto; da un film, non ci aspettiamo che riprenda uno spettacolo teatrale, anche se ciò è coerente con la forma originale del testo, ma piuttosto che rappresenti verosimilmente e linearmente la realtà attorno a noi, e se la componente intellettualistica, non priva di un certo studio, poteva risultare piuttosto convincente per l’élite culturale dell’epoca, è anche vero che l’evoluzione del pensiero e del gusto ormai ha fatto invecchiare questo tipo di linguaggio e al giorno d’oggi appare appena un po’ troppo elaborato per parlare direttamente al nostro cuore.
I cannibali di Liliana Cavani, con Pierre Clémenti, Britt Ekland, Tomas Milian