Allegato Gennaio 2021 Progessione docente Gennaio 2021 | Page 2

UN REGIONALISMO DEGENERATO A CUI E ’ ORA DI DIRE BASTA

Spinto al limite del federalismo , il regionalismo ha peggiorato lo Stato senza migliorare le regioni . E , attraverso l ’ intreccio delle competenze , ha complicato e indebolito il sistema costituzionale oltre ogni ragionevolezza di Francesco Pallante
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Uno Stato debolissimo . Un Presidente della Repubblica inascoltato . Un governo intimidito . Un Parlamento inconsistente . Venti Regioni contro , a prescindere . Tra le vittime del Covid , impossibile non annoverare l ’ insieme delle istituzioni costituzionali . La tragicommedia che ha accompagnato l ’ approvazione del DPCM del 3 novembre 2020 – l ’ ennesimo nel volgere di pochissimi giorni , ma in effetti il primo che ha preso finalmente atto della seconda ondata della pandemia – ha reso ineludibile interrogarsi sulla natura degenerata del regionalismo italiano . Difficile immaginare una situazione peggiore . Uno scenario lose-lose , in cui , in piena tempesta pandemica , a perdere in credibilità e capacità d ’ azione sono contestualmente tutti gli attori in campo : persino la Presidenza della Repubblica , inusualmente coinvolta nel vano tentativo di mitigare le bizze regionali e costretta a tornare , due volte nel volgere di pochi giorni ( prima con le regioni , poi con i comuni ), ad appellarsi al senso di responsabilità che dovrebbe essere proprio di tutte le istituzioni . Non c ’ è dubbio che il momento sia delicatissimo : la pandemia è di nuovo galoppante , la ripresa economica compromessa , la crisi sociale in atto . Persino la tenuta psicologica dei cittadini è considerata a rischio . È in momenti come questi che la saldezza delle istituzioni si rivela una risorsa decisiva . Una risorsa sulla quale , tuttavia , in questo momento l ’ Italia non può far conto . E non soltanto per il ridicolo balletto che ha portato le regioni prima a rivendicare autonomia decisionale , poi a pretendere l ’ intervento dello Stato , quindi a lamentarsi delle misure adottate . Il problema è che tanta irresponsabilità politica non ha trovato argine nel governo , debole al punto da prestarsi ai giochetti – persino alle provocazioni – dei presidenti regionali . Che cosa , se non la propria debolezza ( istituzionale , ancor prima che politica ), ha sinora impedito all ’ esecutivo statale di mettere in riga le regioni ricorrendo ai poteri sostitutivi che gli sono attribuiti dall ’ articolo 120 , secondo comma , della Costituzione ? La norma è chiarissima – « il governo può sostituirsi a organi delle regioni … nel caso di … pericolo grave per l ’ incolumità
e la sicurezza pubblica , ovvero quando lo richiede la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali » –, così come chiarissimo è il pericolo derivante dall ’ emergenza sanitaria in atto . E , invece , la soluzione è stata costruire una griglia di parametri , alimentati da dati di provenienza regionale , attraverso cui misurare « oggettivamente » – non sia mai che qualcuno possa pensare che il governo intenda assumersi la responsabilità della scelta – la gravità della situazione in ciascuna regione . Insomma : la situazione sanitaria nelle regioni sarà considerata più o meno grave in base ai dati forniti dalle regioni stesse . Un caso da manuale di cattiva regolazione , in cui il controllato è il controllore di se stesso . Per quanto strabiliante , è un fatto che le regioni possano oggi far affidamento su un surplus di credibilità istituzionale di fronte al quale lo Stato è in soggezione . Lo dimostra , emblematicamente , la circostanza che siano riuscite a imporre un regionalismo a senso unico , che opera solo quando va a loro vantaggio . Così come la grande industria ha , in passato , piegato lo Stato al gioco della privatizzazione dei profitti e della socializzazione delle perdite , allo stesso modo oggi le regioni piegano lo Stato al gioco della regionalizzazione degli onori e della statalizzazione degli oneri . E ciò , nonostante i tanti fallimenti nella gestione dell ’ unico vero compito cui devono assolvere : il governo del sistema sanitario . L ’ impreparazione con cui le regioni si sono fatte sorprendere dalla seconda ondata è imperdonabile . Come se il dramma di primavera si fosse svolto su un altro pianeta , le criticità di oggi sono le stesse di allora : difficoltà nell ’ effettuare e processare i tamponi , sistema di tracciamento saltato , assistenza territoriale deficitaria al limite della carenza , Rsa infettate , decimazione degli anziani . Nemmeno la campagna di vaccinazione antinfluenzale sono state capaci di organizzare . Ancor prima , imperdonabile è l ’ aver attivamente contribuito – Lombardia in testa – a ridurre la sanità a un mero problema di costi , subordinando la tutela del più fondamentale dei diritti costituzionali a una logica aziendalista incapace di prendersi realmente cura delle fragilità derivanti dalle
malattie . Altrettanto stupefacente è l ’ attrazione in ambito regionale delle delicatissime questioni inerenti all ’ apertura o alla chiusura delle scuole durante la pandemia . Non si ripeterà mai troppe volte che l ’ istruzione , pubblica e uguale per tutti , è il fondamento stesso della cittadinanza . Con buona pace di coloro che , da destra e da sinistra , hanno governato negli ultimi decenni , compito della scuola non è produrre lavoratori ben disciplinati , ma formare cittadini pensanti . Pensanti e dunque realmente capaci , perché liberi dall ’ ignoranza , di occuparsi , oltre che delle loro cose private , della cosa pubblica : e , per questa via , di essere attivi protagonisti della vita collettiva , non passivi strumenti a disposizione del demagogo di turno . Ebbene , come sia possibile conciliare questa vera e propria esigenza costituzionale con la rimessione del potere decisionale sull ’ apertura delle scuole alle singole regioni è davvero incomprensibile . Naturalmente , potrebbe aver senso differenziare le decisioni a seconda dell ’ andamento della pandemia nei diversi territori : a condizione , però , che sia , anzitutto , predefinito un criterio univoco attraverso cui prendere le decisioni , in modo tale che queste siano sempre e comunque assunte nell ’ interesse delle persone che , nei diversi ruoli , vivono e fanno vivere la scuola . Agire diversamente , rimettendosi , come di fatto avviene oggi , alle valutazioni soggettive dei singoli esecutivi regionali , significa esporre le esigenze della scuola al rischio di venire assoggettate a logiche altrimenti motivate , se non alle pressioni di gruppi di interesse per i quali l ’ istruzione è tutt ’ altro che una priorità . Sono almeno dieci , al momento , le regioni italiane intervenute con misure restrittive : Abruzzo , Basilicata , Calabria , Campania , Emilia Romagna , Liguria , Lombardia , Marche , Piemonte , Puglia , Sicilia . Naturalmente – a detta dei presidenti delle regioni in parola – a giustificarle è stato l ’ intento di muovere a protezione degli studenti e del mondo della scuola . Ammettiamo che sia così . Ma perché , allora , nulla è stato fatto preventivamente , durante l ’ estate , quando settimane cruciali sono state sprecate senza preoccuparsi di adeguare il trasporto pubblico lo-